1381_DEATH TRAP . Regno Unito 1962; Regia di John Llewellyn Moxey.
Dopo un paio di apprezzabili lungometraggi per il
cinema e le prime esperienze con la televisione nei telefilm, John Llewellyn
Moxey si cimenta con il film televisivo, nella serie The Edgar Wallace
Mysteries. La serie di film era cominciata due anni prima e nell’ottobre
del 1962, quando Death Trap [Trappola Mortale] andò in onda si era già
consolidato un certo stile che tutto sommato l’episodio di Moxey non smentisce.
Anzi, a ben vedere Death Trap da un certo punto di vista è una detective
story perfino un filo troppo compassata, dove il colpevole è il personaggio su
cui si puntano sin da subito gli indizi, ovvero Paul Heindrik (Albert Lieven),
e questo non è di grande aiuto per la suspense. Tuttavia l’incastro narrativo
ha una sua struttura che Moxey è bravo a sostenere con una regia discreta e
qualche spunto interessante. Ad esempio è molto efficace la scena
dell’investimento con l’auto di Ross Williams (John Meillon), di notte, su una
strada extraurbana sotto una pioggia scrosciante. In questa scena il regista
sfodera un talento visivo che va ben oltre la normale routine televisiva.
Efficaci anche le immagini della testimone, che assiste atterrita sull’auto che
aveva portato Ross fin lì, parcheggiata tra la vegetazione: l’uomo doveva
incassare il pagamento di un ricatto ma è stato saldato in ben altro modo,
lasciandoci le penne. Jean, la ragazza in questione, è interpretata da Barbara
Shelley, icona del cinema horror che non delude le attese sebbene con una
prestazione più ordinaria rispetto ai ruoli che l’hanno resa celebre. In
effetti Jean è un personaggio singolare: è la segretaria di Heindrik, di cui
ascolta segretamente le conversazioni d’affari con l’interfono dell’ufficio,
briga per favorire una rivalsa da parte di Ross – licenziato in precedenza
dall’uomo d’affari – ma non è del tutto complice nel suo tentativo di ricatto.
Tentativo che, come detto, finisce con Ross steso sull’asfalto sotto la pioggia
nella citata scena dell’investimento notturno, con l’autista che rimane
misterioso ma fino ad un certo punto. Tornando alle stranezze di Jean, ha
confidenza con Derek (Kenneth Cope), nipote di Heindrik, ma la pista
sentimentale non è esplorata a dovere e allora anche il suo ruolo non è del
tutto chiaro: tuttavia il fascino della Shelley giustifica le sue apparizioni
sullo schermo. Ben più bizzarra quella che si concede Barbara Windsor, al tempo
in rampa di lancio e non ancora famosa come The Queen of Carry on o
altri soprannomi con cui la starlette divenne nota nel Regno Unito. Qui
la biondina tutta curve si diverte con Moxey a citare – in modo scherzoso, sia
chiaro – la scena della doccia di Psyco; curioso che ad un regista tutto
sommato attento alla forma come Moxey sfugga che si intravveda l’asciugamano
pudicamente avvolto intorno al corpo della ragazza sotto la doccia, ma tant’è.
La Windsor non incanta di certo, in questa scena, ma è certamente stramba,
vagamente sexy e, a suo modo, ironica. Più divertente, di sicuro, la spassosa
entrata in scena del vagabondo (Richard Bird) che ritrova l’auto dispersa e
pretende la ricompensa. Nel cast è presente anche Mercy Haystead nei panni di
Carol, una ragazza la cui sorella Heindrik aveva truffato per poi farla fuori
con un cocktail di alcol e barbiturici, intrigo che dà il via alla storia. Meno
interesse sembra invece avere il film – e Moxey, quindi – per i poliziotti, per
quanto Leslie Sands e Barry Linehan e cerchino di essere simpatici oltre che
efficienti. Ma nemmeno loro riescono ad incidere in una storia che, alla fin
fine, si assesta su una sufficienza di ordinaria routine.
Barbara Shelley
Barbara Windsor
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