985_THE SOMME ; Regno Unito, 2015; regia di Carl Hindemarh.
Probabilmente, per eventi storici che appaiano di difficile comprensione
o troppo improbabili, in ambito cinematografico il documentario è il genere più
adatto; il cinema di finzione richiede spesso sospensione d’incredulità in dosi
massicce, si pensi al genere fantastico, ma in caso di avvenimenti che sono
realmente accaduti il meccanismo rischierebbe d’incepparsi. Chi potrebbe
infatti pensare che, a fronte di una guerra già durissima che aveva messo a mal
partito in men che non si dica l’esercito di professione britannico, la folle
chiamata alle armi di Lord Kitchener avrebbe potuto suscitare una simile
plebiscitaria adesione da parte dei giovani inglesi? Il docufilm The Somme di
Carl Hindmarc si premura di dirci che l’aristocratico ministro della guerra
aveva richiesto 100.000 uomini con la sua celebre campagna di reclutamento e,
in soli cinque mesi, la risposta fu dieci volte superiore! Il racconto filmico
procede imperterrito e ben narrato ma è difficile schiodarsi da questo
elemento: per quale motivo i giovani inglesi aderirono in modo cosi massiccio e
convinto ad una chiamata alle armi per una guerra che, in fondo, non li
riguardava poi direttamente? Tedeschi e francesi avevano eserciti di leva e
quindi gli uomini validi erano obbligati ad andare sotto le armi, pena
spiacevoli, molto spiacevoli, conseguenze. Gli inglesi furono oggetto invece
della propaganda di regime: d’accordo, è la specialità della casa (gli
inglesi sono formidabili in questa attività) ma può bastare per sollecitare a
tal punto il romantico ideale di morire per il re e per il proprio paese? Paese
che non era, va sottolineato, sotto alcuna minaccia.
E’ vero che i tedeschi
avevano invaso il Belgio e c’erano precisi accordi di tutela dell’Impero
Britannico verso il piccolo stato europeo; notare che, stando a questo racconto
filmico, il fatto che l’invasione riguardasse gli alleati francesi sembra scaldasse
molto meno l’animo dei giovani inglesi. In ogni caso, quello tra l’Impero
Britannico e il Belgio era un accordo politico: è sufficiente l’evidente
efficienza della propaganda per convincere i giovani all’idea di andare a
combattere in una terra straniera per difendere un paese straniero correndo un
elevato rischio di morte (e le pesanti perdite nell’esercito di carriera
britannico erano lì a dimostrarlo)? E, per comprendere la perplessità a fronte
del fenomeno, ricordiamo ancora che si trattò una risposta eccezionale che
colse impreparato persino l’ufficio di reclutamento stesso: come detto, stando
a Hindmarc, l’adesione fu dieci volte il numero richiesto. E’ quindi una
semplice deduzione: i britannici, non tanto le alte sfere ma proprio gli uomini
che componevano la truppa, parteciparono alla guerra sulla base di una libera
scelta e gli elementi in genere citati come motivazione dell’entrata in
conflitto dell’Impero Britannico (leggi, l’invasione tedesca del Belgio),
possono essere intesi in uno spettro di possibilità che varia dal sentimento di
giustizia al mero pretesto. E mentre quest’idea si fa strada nella mente dello
spettatore, ecco le immagini del docufilm in cui si vedono i soldati andare
alla guerra, volontari e giubilanti, a suffragare che la scelta in questione fosse
stata presa non certo controvoglia. I primi, non si dice ad essere sorpresi ma
certamente ad essere impreparati a gestire un simile patrimonio umano così ben disposto
ad andare a guerreggiare, furono proprio i comandanti britannici.
Dopo un veloce e scarno addestramento, il grande contingente di giovani volontari venne subito messo alla prova su un campo di battaglia prevedibilmente ostico, il fronte occidentale nel settore tranciato dal fiume Somme. L’idea era quella di sfruttare l’enorme disponibilità di uomini per una grande offensiva che costringesse i tedeschi ad arretrare, lasciando i territori occupati. A Verdun i francesi erano costantemente sotto pressione, l’idea del Big Push era anche una risposta alle loro richieste di alleggerirne il carico, e sulla Somme il loro apporto fu quindi limitato. Con l’illusorio intento di evitare di mandare i propri uomini al macello contro un fronte strutturalmente ben consolidato come quello tedesco, i britannici diedero il via ad un pesantissimo fuoco di artiglieria che avrebbe dovuto livellare le difese nemiche. Per giorni gli inglesi martellarono senza sosta senza però debellare del tutto la resistenza tedesca. Il giorno dell’offensiva, il docufilm ci riserva un’altra sorpresa in prima istanza davvero poco comprensibile: al momento dell’attacco, per coprire una distanza nella terra di nessuno nemmeno troppo ridotta e particolarmente ricca di ostacoli, i soldati non furono mandati di corsa o, perlomeno, fatti avanzare in modo circospetto ma vennero fatti procedere al passo e ben allineati orizzontalmente lungo il fronte.
Effettivamente il lento
incedere di una schiera infinita di soldati avrebbe dovuto terrorizzare il
nemico, già frastornato e traumatizzato dall’incessante e devastante
bombardamento. Una mossa che in parte funzionò per quello che riguarda la
primissima linea delle trincee tedesche; il problema fu che le fortificazioni
nemiche erano disposte su più linee e quelle arretrare erano più difficilmente
raggiungibili dall’artiglieria leggera britannica. Il risultato fu che, se alcuni
reparti inglesi riuscirono a prendere la prima trincea, dando l’illusione del
successo al generale Rawlinson (nella finzione interpretato da Ewan Stewart),
nel procedere dell’avanzata trovarono un’amara sorpresa. I tedeschi della
seconda e terza linea di fortificazione non avevano subito danni così rilevanti
da renderli inoffensivi e, vista la non eccessiva velocità dell’operazione,
avevano avuto quindi il tempo di piazzare le terribili mitragliatrici. Nel solo
primo giorno di battaglia, i britannici patirono oltre 50.000 perdite, tra
morti e feriti, grazie a questa estrema ed ambiziosa strategia che presentava
rischi eccessivamente elevati e che furono pagati tutti a prezzo carissimo.
Si
trattava infatti di un’azione azzardata già di suo, visto la mole
dell’operazione, che veniva messa in pratica perlopiù da reparti senza alcuna
esperienza specifica: l’idea di sottoporre i tedeschi ad un attacco su tutta la
linea, aveva una logica (mettere in difficoltà le seconde linee pronte alle
chiusure sulle offensive), ma portava naturalmente in dote alcune insidie. Se
la capacità di resistenza delle prime linee era infatti stata ripetutamente
testata durante gli scontri, ben più difficile, proprio per la dinamica della
guerra di trincea, capire quali fossero i limiti dei reparti che intervenivano
in seconda battuta. Insomma, gli elementi per sospettare la precarietà
dell’impresa c’erano e, visto la posta in palio, lascia stupefatti che siano
stati trascurati in fede di una specie di ottuso ottimismo. Da parte loro i
francesi, già agevolati dalla loro più agile artiglieria oltre che da reparti
composti da soldati più esperti, fecero la loro parte con onore raggiungendo i
propri obiettivi; quasi beffardamente, per gli inglesi, che avevano organizzato
la cosa, fu invece un bagno di sangue del tutto inutile. A vederlo raccontato
in un documentario ci si può credere; fosse stato un normale film di guerra
verrebbe naturale ritenerlo una lettura fin troppo romanzata degli avvenimenti. In questo
senso, appare quindi legittima l’idea di un docufilm che andasse a spiegare
non solo i dettagli bellici della battaglia della Somme ma anche alcuni
passaggi talmente poco comprensibili da sembrare davvero poco credibili. Così
Hindmarc e i produttori di The Somme potendo sfruttare la voce fuori
campo, le immagini di finzione realizzate appositamente, le esplicite
ricostruzioni in computer grafica dell’enorme campo di battaglia e le
evocative immagini di repertorio, ci riportano efficacemente in una pagina sanguinosa
della Storia. Oltre che totalmente spiazzante.
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