982_OUR WORLD WAR: PALS ; Regno Unito, 2014; regia di Ben Chanan.
Anche il secondo capitolo di Our World War, miniserie televisiva prodotta dalla BBC, si concentra su un tema specifico, come già il
primo che raccontava del primissimo approccio inglese alla Grande Guerra. Anzi, in questo caso i temi in realtà qui sono due
ma che ben si amalgamano e non disperdono l’attenzione dello spettatore,
considerando che si tratta di un lungometraggio che non supera l’ora e quindi
con un tempo limitato per approfondire gli sviluppi. L’argomento a cui fa
riferimento il titolo dell’episodio, Pals,
è originale e in genere poco visto sullo schermo. I Pals erano reparti composti da uomini che si erano arruolati
insieme, amici, colleghi di lavoro, abitanti dello stesso quartiere: la
promessa dell’esercito era di accomunare questi gruppi di conoscenti anche
sotto le armi, dove non sarebbero stati divisi in modo arbitrario o a seconda
di altre esigenze. Questo aspetto è inusuale e aiuta a comprendere parte di quell’euforia,
a vederla oggi ben poco credibile, con cui molti giovani accettarono con
entusiasmo di arruolarsi volontariamente. Ma la fratellanza con i commilitoni
serve anche come base, almeno in linea di principio, per il secondo tema di
questo Our World War - Pals, con il
regista Ben Chanan che, con lo stile moderno di questa produzione, affronta anche
uno dei temi più cari alla cinematografia inglese sull’argomento. Il film
comincia con un colloquio notturno tra il soldato Paddy Kennedy (Luke
Tittensor) e padre Brookes (Stuart Graham): il militare fatica a prendere
sonno, è stato infatti comandato come membro del plotone d’esecuzione che, all’alba,
fucilerà il soldato Hunt (Chris Mason).
Il tema principale del racconto, quello
della natura dei battaglioni noti appunto come Pals, offrirebbe il fianco ad una comprensibile ritrosia di Kennedy
nel dover fucilare un suo amico di quartiere. Ma Hunt non è del reparto di
Kennedy; cionondimeno è anch’egli giovanissimo e, soprattutto, aveva
aiutato Kennedy quando questi era rimasto isolato nel bosco dopo un assalto
finito male durante la Battaglia della Somme, nel 1916. Probabilmente la
presenza di Hunt, che vagava da solo in un’area contesa, era sembrata sospetta
anche a Kennedy: che il commilitone stesse cercando di tagliare la corda o
quantomeno restare lontano dalla battaglia? Ma la stessa cosa poteva valere per
lui, in quel momento. E, in effetti, a salvarlo da una possibile imputazione di
diserzione era stato soltanto il foglio giustificativo che un ufficiale,
incontrato in seguito, si era premurato di fornirgli prima di indirizzarlo
verso il suo reparto. Se, quindi, Hunt fosse stato semplicemente sfortunato?
Se
da una parte la storia prevede un legame speciale tra i soldati, l’origine
comune dei membri dei Pals, non è
tanto a questa che si appella il regista per porci di fronte al dilemma di
Kennedy. Padre Brookes non sembra avere dubbi, il disertore, anzi, il possibile
disertore, va fucilato perché l’idea stessa della diserzione va sradicata prima
che possa pericolosamente fare proseliti. Francamente la sua teoria non è mai soddisfacente,
a maggior ragione provenendo da un ministro di una religione non violenta come
quella cristiana. Alla fine Kennedy torna in branda, convinto a concedersi il
giusto riposto. Ma non sono state le parole del prete, che cercavano, vanamente,
di dare una forma ragionevole alle motivazioni della guerra a tranquillizzarlo.
No, in guerra, l’unico modo per sopravvivere senza scontrarsi con la propria
coscienza è quello di limitarsi a guardare il proprio specifico dovere. Essere una semplice rotella di un meccanismo può essere sopportabile, anche se il meccanismo produce qualcosa di
aberrante, perché la cosa non riguarda la coscienza delle singole componenti. Il soldato Kennedy aveva
capito il trucco di come funziona non
tanto la guerra, ma l’intera società moderna. E ciò che sarà alla base di
qualunque porcheria verrà perpetrata negli anni a venire, fino ai giorni
nostri. E oltre.
come dire "spengo il cervello e mi limito ad eseguire..." 🙁
RispondiEliminaUna prassi. Anche nella versione "spengo il cervello e la penso come mi si dice di pensare."
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