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lunedì 11 settembre 2023

DIE UNSICHTBARE FRONT

1348_DIE UNSICHTBARE FRONT [t.l. Il Fronte Invisibile]. Germania, 1933; Regia di Richard Eichberg.

A vederlo oggi, pare evidente che Die unsichbare front sia un film di spionaggio bellico: ambientato durante la Prima Guerra Mondiale, segue le vicende dell’agente segreto tedesco Erik Larsen (Karl Ludwig Diehl) e dei fratelli Lange. I Lange sono Rolf (John Mylong Munz), un vice-timoniere a bordo di un sottomarino tedesco, e sua sorella Ellen (Trude von Molo), una semplice ragazza insofferente della vita in collegio ad Amburgo. A Kiel, Rolf è in partenza per una missione ed Ellen coglie l’occasione di andare a salutarlo per scappare dal collegio, con l’intenzione di non ritornarci. Rolf prova a convincerla a rientrare ad Amburgo ma, salutato il fratello, la ragazza decide invece di andare a Berlino, dove viene assunta da Hansen (Willi Schur), commerciante di strumenti musicali. Questi è un agente segreto nemico ed incarica Ellen di consegnare un prezioso violino a Thomsen (Theodor Loos), direttore della casa editrice Lyra di Copenaghen. In realtà nel violino sono contenuti preziosi documenti segreti tedeschi e la giovane finisce per rendersene conto troppo tardi. Nella capitale danese, al tempo neutrale, Ellen incontra quindi Erik; una volta appreso che l’uomo è una spia tedesca, la ragazza, pentitasi per aver trafugato quei documenti riservati, gli offre la sua collaborazione. Le macchinose storie di spionaggio hanno spesso la tendenza a risultare eccessivamente contorte e, coi tanti risvolti del canovaccio, c’è il rischio che risultino fredde e poco empatiche. Del resto anche gli agenti segreti sono in genere individui senza troppi scrupoli e, di conseguenza, che le loro vicende siano intrise di questo clima asciutto e calcolato è da mettere in preventivo. 

Ai tempi, per bilanciare la freddezza degli intrighi si usava il romanticismo delle storie d’amore e i colpi di scena melodrammatici. In questo caso, il senso di colpa patriottico che affligge la povera giovane è nulla rispetto al trauma che la coglie quando scopre che il sommergibile su cui prestava servizio il fratello è stato affondato dagli alleati proprio grazie ai documenti trafugati con il suo, inconsapevole ma indispensabile, contributo. La trama, come si vede, è ben congeniata, merito del soggetto di Max W. Kimmich, vero specialista del genere, e dell’aiuto nella sceneggiatura da parte di Robert A. Stemmle e Curt Siodmak, fratello del grande Robert e polivalente autore che, ad Hollywood, dirigerà alcuni classici dell’orrore e della fantascienza (da ricordare almeno L’uomo lupo, 1941, e Il cervello di Donovan, 1953). Tornando ad Ellen, la ragazza è determinata a rimediare in qualche modo al pasticcio combinato e decide di assistere Erik nella missione a Londra per recuperare i famigerati documenti. 

La vicenda si muove all’interno dei classici ambienti dello spionaggio dei tempi e, al ballo presso la delegazione americana, Erik recupera i documenti mentre Ellen distrae, con le sue grazie, il colonnello Stanley (Ernst Demburg). Ma sulla scena spunta il direttore della casa editrice Lyra che riconosce Ellen, facendola arrestare. Erik sarà anche una spia ma, nella circostanza, è anche il cavaliere senza macchia e senza paura della storia e quindi libera la fanciulla in pericolo; ma, attenzione, perché i tedeschi, nella narrativa – cinematografica compresa – hanno spesso una dolente nota autocritica venata di amarissima ironia. Mentre Erik e Ellen sono in fuga, sui cieli della capitale inglese infuria un raid dei dirigibili tedeschi: una scheggia di una bomba colpisce, inevitabilmente, la povera ragazza, che forse paga in questo modo anche colpe non sue. Chissà, magari, a quel tempo, i bombardamenti sui civili dovevano sembrare più ignobili di quanto tendiamo a ritenerli oggi, dopo decenni di assuefazione. Perché in qualche modo ci deve essere una ragione se la protagonista tedesca di un film tedesco muore per mano tedesca. In ogni caso, tosta come storia bellico-spionistica, non è vero? Eppure il regista Richard Eichberg, in quello stesso 1933 in cui uscì il film, negò che Die unsichbare front fosse un film di guerra, ritenendola, piuttosto, una combinazione tra poesia e realtà, in un contesto storico laddove tanto la donna protagonista che il sottomarino in missione verso l’Inghilterra erano esistiti realmente. Sarà; per quel che è dato sapere, quello di Eichberg è un testo avvincente, nel quale si segnalano proprio le scene d’azione bellica, in primis quelle subacquee con il sottomarino in cui opera Rolf e quelle del raid aereo dei tedeschi su Londra. Con buona pace del regista. 


Trude von Molo 



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