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venerdì 10 febbraio 2023

LEPTIRICA

1219_LEPTIRICA . Jugoslavia, 1973; Regia di Đorđe Kadijević.

Chissà quanto può influire sulla nostra emotività di fronte ad una scena la consapevolezza di guardare un horror piuttosto che un altro genere di film. Un horror oltretutto di culto come Leptirica, un piccolo ma prezioso film prodotto dalla televisione Jugoslava nel 1973 per la regia di Đorđe Kadijević. La scena in questione è quasi in avvio: nel mulino di un remoto villaggio bosniaco di fine Ottocento arriva il signor Zivan (Slobodan Perovic). Vule (Toma Kuruzovic), il mugnaio, dorme; quando si sveglia, totalmente infarinato, coi baffoni bianchi e il cappello di pelo, sembra una creatura del folclore balcanico. Invece è solo un pover’uomo: sono passati tre minuti dall’inizio del film, da buon prodotto televisivo la camera è stata grosso modo concentrata sui volti dei due uomini e il tono del racconto si mantiene quieto. Il bizzarro canto di un uccello, piuttosto inquietante, rompe la monotonia del rumore del ruscello e della macina, Vule corre fuori per zittire il volatile seguito da Zivan che alimenta quella sottilissima angoscia che si è insinuata: “dormi qui, solo? Non hai paura?” sono infatti le domande che porge al mugnaio; il quale rimane perplesso poi qualcosa attira la sua attenzione. E’ la scena citata: la ripresa stacca su un prato in pendio che taglia obliquamente lo schermo. Al centro, in lontananza, la figura di una ragazza bionda, con un vestito bianco: una veloce zoomata e sentiamo addirittura i campanacci delle pecore che la fanciulla accompagna. Nient'altro.

Contemporaneamente, la pelle d’oca ci assale le braccia. E’ forse la scena migliore del film ed è dannatamente valida perché è particolarmente significativa oltre ad essere giocata solamente su pochissimi elementi e sulla capacità registica di Kadijević. Il folclore balcanico, in ogni caso, c’entra sin dal racconto del 1880 di Milovan Glišić da cui è ispirato il film, ed è una storia sul vampirismo tutto sommato abbastanza originale. Le scene in puro stile horror sono efficaci con qualche accenno splatter non del tutto da sottovalutare considerando che si tratta di un prodotto televisivo. Pare, tra l’altro, che la televisione jugoslava trasmise il film in orari destinati ai ragazzi e la cosa desta un po’ di impressione, oggi, a vedere i vigenti limiti censori. Può forse aver ingannato il tenore del racconto, che è una sorta di commedia nera con spunti ai limiti del grottesco, mantenuta peraltro nel giusto equilibrio dalla valida regia. 

L’efficacia horror non è affatto intaccata, infatti, dallo stormo di personaggi pittoreschi e caricaturali che ricerca prima un nuovo mugnaio, dopo che Vule è stato ucciso dissanguato nella notte, e poi si cimenta addirittura in una caccia al vampiro. I protagonisti principali sono però Strahinja (Petar Bozovic) e soprattutto la bellissima Radojka (Mirjana Nikolic), la ragazza della scena citata, due giovani innamorati la cui vicenda sentimentale si interseca efficacemente con la traccia vampiresca. Strahinja chiede al padre di Radojka, il signor Zivan, la mano della figlia. L’uomo rifiuta, dal momento che il ragazzo è uno spiantato senza lavoro né soldi. Zivan, tra l’altro, è un omone poco raccomandabile per cui per Strahinja non può nemmeno alzare troppo la cresta. Il giovane è davvero sconsolato e qui c’è il punto in cui le due piste narrative si intersecano in modo visibile – l’altro incrocio è molto più intrinseco – ovvero quando i bizzarri uomini del villaggio approfittano della disperazione del ragazzo per offrirgli il posto di mugnaio. Lavoro che non offre molte garanzie di prosperità, visto che Vule è stato il quarto in un anno a passare a miglior vita sotto le zanne del vampiro. Ma anche allora si diceva che fossero solo leggende o forse è per ribaltare la situazione con Radojka ottenendo un impiego per riuscire a convincere Zivan, fatto sta che Strahinja accetta. Come si vede la matrice letteraria del film garantisce una buona solidità nell’architettura che infatti procede senza sbavature. La regia di Kadijević lavora costantemente sotto traccia fornendoci gli indizi per intuire, se non tutto, perlomeno a grandi linee il lato oscuro della vicenda. Il finale è sorprendente anche se lascia qualche velatura oscura sui passaggi logici, ma del resto siamo nel campo soprannaturale, e nel complesso l’opera risulta pienamente convincente.
Insomma, la sinistra fama di Leptirica è ampiamente meritata.  





Mirjana Nikolic




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