999_UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA . Italia, Francia, 1963; Regia di Marco Ferreri.
Il film che ha destato tanto fastidio alla censura, che lo
ha osteggiato e ha costretto i produttori a numerose modifiche, (a partire dal
titolo, con l’aggiunta della dicitura Una
storia moderna ad accompagnare il titolo originariamente previsto L’ape regina) una volta visto, sorprende
per la sua tutto sommato sobrietà. In apparenza non c’è nulla di
particolarmente sconveniente nel film di Marco Ferreri, almeno secondo quello
che ci si potrebbe aspettare, anche perché la commedia all’italiana ci ha
abituato anche a storie più piccanti. Certo, quello che può aver infastidito i
censori è l’onesta ammissione di Ferreri, che dichiara chiaro e tondo che
l’istituzione famigliare, considerata sacra in Italia, non è che sia il massimo
della prospettiva per un uomo, almeno nella nostra abituale concezione. In
questo senso il film può essere considerato anche anti-cattolico, e quindi
legittimare la sua fama; la famiglia è un pilastro fondamentale della religione
ufficiale nello stivale e chi la contesta si mette contemporaneamente contro
alla Chiesa. Ma quello di Ferreri non è un attacco all’arma bianca; tutt’altro.
Piuttosto è una dichiarazione di resa, un’ammissione di debolezza. L’uomo non
ha alcuna speranza di felicità, perché in fin della fiera, il suo unico scopo e
servire per la riproduzione, dopodiché diventa un elemento di secondaria
rilevanza; questa almeno la riflessione alla base di Una storia moderna – L’ape regina. Il tono leggero, appena
spruzzato di surreale e grottesco, dominato da una ironia ficcante ma pur
sempre in punta di fioretto, legittimerebbe di porre al film lo stato di opera
intelligente, anche corrosiva, ma non certo blasfema solo perché affronta
ripetutamente l’argomento della vita sessuale di coppia o perché insinua
qualche dubbio nella centralità sociale dell’istituzione famigliare. In
definitiva, se è vero che Ferreri è stato certamente provocatorio, la reazione
al suo film è stata comunque eccessiva e, forse, testimonia come il regista
milanese abbia toccato un nervo scoperto della società borghese.
Marina Vlady
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