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venerdì 25 novembre 2022

LA PIOVRA

1168_LA PIOVRA . Italia 1984;  Regia di Damiano Damiani.

Quando, in chiusura del primo episodio, il vicecommissario De Maria (Massimo Bonetti) viene barbaramente ucciso da un sicario di Cosa Nostra, appare chiaro che Damiano Damiani, seppure stia lavorando per la televisione, ha intenzione di affrontare il tema della mafia con lo stesso piglio dei suoi migliori lavori per il grande schermo. In effetti, per essere un film a episodi trasmesso in prima serata, La Piovra si dimostrerà, al di là dell’efferatezza della scena citata, un prodotto assai coraggioso. Intanto Damiani non si limita alla questione mafiosa, ma coglie l’occasione di una produzione di punta di RaiUno per affrontare alcuni tra i nodi principali che i tremendi anni Settanta avevano lasciato in eredità al decennio successivo. I famigerati anni di piombo non avevano unicamente vissuto il problema del terrorismo di matrici differenti ma, tra gli altri problemi sociali, non erano riusciti nemmeno a digerire del tutto la questione del divorzio: divenuto legge nel 1970, aveva dovuto superare il duro scoglio del referendum abrogativo quattro anni dopo. Non si trattava di una faccenda semplice perché l’Italia era un paese a forte vocazione cattolica e il divorzio si poneva, o veniva posto, come fattore disgregante la sacrale indissolubilità della famiglia. Inoltre, nel 1984, anno di trasmissione de La Piovra, i principali effetti collaterali di questo istituto giuridico, ovvero i figli dei separati, avevano già palesato ampiamente i problemi connessi a questa pur divenuta legittima pratica. Un altro elemento che i seventies avevano visto deflagrare in modo clamoroso era la piaga della droga che avrebbe flagellato la società ancora a lungo. 

In sostanza, il plot narrativo dello sceneggiato prevede che il protagonista, il commissario Cattagni (Michele Placido, strepitoso) venga spedito da Milano in Sicilia per combattere la Mafia, mentre la sua vita famigliare va a rotoli e si innamora di una locale ragazza eroinomane. Come si vede, gli ingredienti sono pesanti e solo uno chef del calibro di Damiani poteva a cucinarli a dovere. Il risultato è un racconto filmico per palati forti, con passaggi duri anche se, in ossequio al ruolo istituzionale della rete televisiva produttrice, mai gratuiti. Il tema della mafia è trattato in modo adeguato: non è un problema insormontabile di per sé, visto che basta un individuo risoluto che venga da fuori per dipanare in breve l’intricata matassa di collusioni, anche ostentate, tra i vari personaggi che tramano in modo poco pulito. Il punto è che gli interessi in gioco sono altissimi e la rete mafiosa è divenuta talmente ramificata da avere ormai appoggi ovunque, persino in seno a quelle istituzioni che dovrebbero combatterla. A quel punto si vanifica il lavoro pur vigoroso di Cattagni e del bravo vicecommissario Altero (Renato Mori), su cui Damiani e i suoi collaboratori intrecciano una bella falsa pista, presentandolo a noi e al commissario come traditore. Essendo La Piovra un poliziesco, la questione famigliare è lasciata sullo sfondo: la figlia Paola (Cariddi Narrulli) guadagna il centro della scena solo quando viene rapita, tuttavia non si rivela essere un personaggio particolarmente convincente. 

Da parte sua, la moglie Else (la bella ed elegante Nicole Jamet), pur forse avendo qualche possibilità in più di quelle concessele dalla trama, scivola fuori dalla storia in modo un po’ dimesso. Restando in ambito femminile, la marchesa Titti Pecci Scialoia (una giovanissima Barbara De Rossi) è la ragazza drogata di cui si invaghisce il commissario. La De Rossi tiene la scena in modo notevole, bellezza a parte anche incarnando in modo efficace e drammatico i tormenti di una tipica tossica. Nel cast c’è anche la superba Florinda Bolkan nei panni della contessa Olga Camastra e, per quanto il suo sia un ruolo marginale, riesce comunque ad essere memorabile. Tra gli interpreti maschili da ricordare Flavio Bucci (don Manfredi), Francois Périer (l’avvocato Terrasini), Angelo Infanti (il boss Sante Cirinnà), Pino Colizzi (Nanni Santamaria) e Geoffrey Copleston (commendatore Ravanusa). Chiamato ad intrattenere il pubblico di prima serata della principale rete televisiva del paese, Damiano Damiani sbatte in faccia agli italiani il lato oscuro dei favolosi anni Ottanta che, a livello nazionale, viaggiavano sulle ali di un entusiasmo che, oltre dall’insperato boom economico, era sostenuto dal successo della squadra di calcio ai campionati mondiali. Lo sceneggiato fu un successo e considerando il contesto, in quel momento incline a prodotti più leggeri, rimanendo in ambito calcistico quella del regista friulano è da considerare come una vittoria che vale doppio, come si diceva delle vittorie fuori casa




Barbara De Rossi




Florinda Bolkan


Nicole Jamet





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