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venerdì 15 luglio 2022

IL FASCINO DELL'INSOLITO: LA STRADA AL CHIARO DI LUNA

1049_IL FASCINO DELL'INSOLITO: LA STRADA AL CHIARO DI LUNA . Italia, 1981; Regia di Massimo Manuelli.

Nel 1980 Il fascino dell’insolito. Itinerari nella letteratura dal gotico alla fantascienza non era stata certo questo grande successo di pubblico; i cinque episodi, nel complesso, avevano però dimostrato la validità dell’idea alla base. Un’antologia di film per la televisione che andasse ad esplorare il fantastico, genere poco diffuso in Italia e che, al contrario, nei paesi anglosassoni era florido e ricchissimo di spunti interessanti. Inoltre, la dimensione prevista per i film televisivi, in genere un’ora scarsa, era l’ideale per trasportare sullo schermo i racconti brevi, che della narrativa fantastica erano forse l’espressione migliore. Visti questi aspetti indubbiamente meritori, nel 1981 si replica. L’esigua carrellata prevista per questa seconda stagione, solo tre episodi, parte però col piede sbagliato. Il testo all’origine è il racconto La strada illuminata dalla luna di Ambrose Bierce ma l’adattamento frutto della sceneggiatura di Franco Ferrini e della regia di Massimo Manuelli non riesce a coglierne il senso. Da un punto di vista formale ne La strada al chiaro di luna si nota una maggior ambizione del progetto della serie: il rimando ai gloriosi sceneggiati Rai, che il bianco e nero della prima stagione ricordava, viene accantonato e il riferimento televisivo è ora prettamente contemporaneo. Nel complesso, la confezione è comunque valida: bene gli interpreti, Mario Valdemarin (è Simone), ha una presenza scenica notevole come anche Eva Axén (Giulia). In mancanza di una narrazione consapevole, la musica jazzata di Nicola Bernardini e Giovanni Nebbiosi si incarica di sorreggere il film, riuscendo in qualche modo a far quadrare il cerchio. 

Un altro spunto che, se vogliamo, cerca di innalzare l’asticella dell’attenzione, è il fugace nudo integrale della Axén, audace nel contesto televisivo Rai dell’epoca ma che pare peraltro gratuito. Il punto è che, nel cercare di cogliere lo spirito inquieto di Bierce, gli autori italiani eccedono nell’operazione di rarefazione della trama per cui diventa difficile intuire subito la logica di alcuni passaggi del racconto. Simone, col suo atteggiamento inspiegabile, non sembra propriamente un marito geloso, come era nel racconto; il che potrebbe anche essere una legittima variazione sul tema, se non fosse che in questo modo il suo comportamento diventa privo di logica, come si evince dall’interrogatorio del commissario (Rodolfo Traversa). Le tante telefonate mute che l’uomo fa alla moglie, il giorno dell’omicidio, non sembrano giustificare l’idea di un suo tentativo di controllo sulla condotta della donna. Ci fosse stato un amante con Giulia, lui come avrebbe potuto capirlo? E quando ritorna a casa prima del previsto, nella dinamica della scena cruciale, tutto avviene velocemente, con Simone che vede qualcuno uscire dalla sua abitazione di soppiatto e decide quindi di strangolare la moglie. Effettivamente, l’uomo trasale quando il commissario gli rivela che c’era un ladro in casa, la sera dell’omicidio della moglie. Lui l’aveva visto di sicuro ma evidentemente lo aveva scambiato per l’amante della donna. Nel racconto di Bierce è una cosa lampante, l’omicidio avviene per gelosia. Nel film di Ferrini e Manuelli bisogna fare uno sforzo, per cercare di capirlo; e questo, in un racconto che in quella fase è più giallo che fantastico, non è che sia il massimo. Quest’ultima sponda viene esplorata nella scena dell’avvistamento del fantasma, un passaggio oggettivamente arduo da tradurre in immagini e il risultato modesto è quindi comprensibile. Insomma, la serie prova a fare uno scarto in avanti, lasciandosi alle spalle l’eccessivo apparentamento con gli sceneggiati d’un tempo per avvicinarsi ai moderni film televisivi, ma il risultato de La strada al chiaro di luna è purtroppo deludente. 


   Eva Axén


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