940_CHUNUK BAIR; Nuova Zelanda, 1992; Regia di Dale G. Bradley.
Tratto dal dramma teatrale Once on Chunuk Bair (1982 di Maurice
Shadbolt), il film Chunuk Bair per la regia
di Dale G. Bradley è un’opera che, pur raccontando di un’offensiva militare
ambientata in esterni e su una collina, conserva un’impostazione scenica che
tradisce la sua origine. Le scene sono perlopiù chiuse sugli uomini del
reggimento neozelandese che occupano lo spazio di ripresa e, anche quando
l’inquadratura consentirebbe uno sguardo oltre i militari acquatati, una
generica e chiara foschia avvolge le immagini ricreando sullo schermo una sorta
di effetto da palcoscenico. E’ una buona scelta, da parte del regista, perché
l’atmosfera per così dire intima che pervade il racconto, lo smarca da eccessive
pretese storiche e sottolinea piuttosto la sua importanza nel rivendicare da
parte neozelandese un ruolo in genere sempre forse poco considerato in seno ad
una delle campagne militari più disastrose della storia della Prima Guerra
Mondiale. Questa famigerata azione militare, la battaglia di Gallipoli,
con il suo clamore storico per la sciagurata carica suicida degli alleati
britannici contro le resistenze difensive turche, e il complessivo fallimento
dell’operazione, ha sempre destato molta sensazione comunicando probabilmente
l’idea di un clamoroso errore di valutazione pagato a caro prezzo ma risoltosi
relativamente in fretta. In realtà l’intera operazione durò circa otto mesi, da
aprile a dicembre e, in mezzo a tal periodo di tempo, si cercò di forzare lo
stallo creatosi con un’azione che vide all’opera le truppe provenienti dai Dominion
dell’Impero Britannico.
Ai neozelandesi fu affidato l’incarico di prendere la
collina di Chunuk Bair e su questa azione bellica si basano il racconto di
Shadbold e il film di Bradley: fu l’ennesimo assalto suicida che vide ingenti
perdite da una parte e dall’altra ma per i kiwi, oltre all’enorme
tributo di sangue, ci furono altri aspetti a lasciare ulteriormente l’amaro in
bocca. Evidentemente il racconto si sofferma maggiormente sulla tragicità dello
scontro, enfatizzata, ad esempio, dalla necessità dei soldati di uccidere i
propri feriti più gravi per evitare loro le atroci sofferenze con cui erano
comunque destinati a morire sull’impervio campo di battaglia. La durezza dei
neozelandesi, caratterizzati da una certa rustichezza sin dal linguaggio,
permise una prima riuscita di quest’impresa che era sostanzialmente impossibile
secondo normali criteri militari. La collina fu infatti presa, a costo di
pesantissime perdite, ma fu immediatamente persa (due giorni dopo) dal reparto
che aveva dato il cambio ai kiwi; simbolico estratto di una campagna
(quella di Gallipoli) sostanzialmente fallimentare.
L’inadeguatezza del comando
britannico è mostrata senza sconti a partire dal generale Ian Hamilton (Norman
Forsey) alla guida delle operazioni ma ben al sicuro e al coperto dietro le
linee; inoltre, se tutto il supporto necessario viene assicurato a Connolly
(Kevin J. Wilson), comandante di un reparto neozelandese già in precarie
condizioni fisiche, la promessa viene poi clamorosamente disattesa. In aggiunta
a ciò, oltre al danno gli inglesi rifilano agli alleati una prima beffa: una
volta conquistata da collina Connoly riceve dal comando britannico un messaggio
di congratulazioni per lo splendido valore mostrato dagli australiani.
L’ufficiale è sbigottito ma la comunicazione non sembra dar adito a dubbi: i
generali britannici non sanno che l’impresa è stata condotta dai neozelandesi.
Un’uscita che lascia esterefatto anche lo scafato sergente maggiore Frank Smith
(Robert Powell) protagonista principale del film. Ma le amare sorprese per i
kiwi non sono finite: dopo aver resistito ad una serie di cariche,
rappresentate in modo evocativo da Bradley, ora con l’accompagnamento d’una
musica d’organo ora con l’efficace uso del rallenty, viene avvistata una nave
da guerra britannica che si avvicina alla costa. La virata a porgersi di lato
non lascia presagire nulla di buono, visto che il lavoro di artiglieria andava
fatto quando l’altura era ancora in mano turca. Il successivo bombardamento
decima in modo radicale i pochi superstiti poco prima dell’arrivo del reparto
che darà il cambio ai poveri neozelandesi. Ormai, in piedi si vede unicamente
il sergente Smith, che può far quindi ritorno nelle retrovie ma lo fa brandendo
il coltello della baionetta. A vederlo, torvo e minaccioso, non sembra certo il
tipico eroe che va a riscuotere una medaglia al valore.
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