Translate

lunedì 24 aprile 2023

IL POSTINO SUONA SEMPRE DUE VOLTE

1262_IL POSTINO SUONA SEMPRE DUE VOLTE (The Postman always rings twice). Stati Uniti, 1946; Regia di Tay Garnett.

La MGM era stata tempestiva nel comprare i diritti del torbido romanzo hard-boiled di James M. Cain, Il postino suona sempre due volte, ma metterlo sullo schermo non era cosa da prendere alla leggera. Il Codice Hays era uno scoglio arduo da affrontare, con un tema così scottante come la storia raccontata nel libro; mentre ad Hollywood si temporeggiava, prima in Francia (1939, Le dérnier tournant di Pierre Chenall), poi in Italia (1943, Ossessione di Luchino Visconti) si diedero più che valide trasposizioni del racconto. Ma, per la questione dei diritti, le opere europee furono ostacolate dallo studio del leone ruggente; intanto, nel 1944, La fiamma del peccato (regia di Billy Wilder), ugualmente tratto da Cain e anch’esso con un grado di morbosità notevole, superò i problemi di censura: rinfrancata da ciò, la MGM diede il via all’operazione Il postino suona sempre due volte affidandone la direzione a Tay Garnett. Il film, anche a vederlo oggi, conserva il suo approccio malsano, dal momento che i protagonisti sono in fin della fiera due criminali. Ma non due volgari fuorilegge: semplicemente due persone troppe deboli e incapaci di reggere una propria dirittura morale. La cosa che sorprende oggi, e stupisce maggiormente, è però un’altra. La protagonista indiscussa del film è Lana Turner nel ruolo di Cora Smith; da notare che Cain, una volta visto il film, si disse soddisfatto al di là delle più rosee aspettative per l’interpretazione del suo personaggio da parte della diva platinata. Lanallure, lo chiamavano, l’allure di Lana; un fascino con ben pochi eguali a Hollywood e non solo. Ma è proprio qui il punto critico: la Turner è superba, intendiamoci. 

Il suo iconico ingresso in scena, a partire dalle décolleté bianche e poi, salendo, gambe perfette, calzoncini, top e turbante ugualmente candidi, si iscrive di diritto nella galleria di immagini delle divinità hollywoodiane. Di fronte a lei, chinatosi umilmente a raccoglierle il rossetto, il suo sparring partner, John Garfield nel ruolo di Frank. Il rapporto tra i due è però abbastanza contraddittorio, perché fin da subito l’uomo, dopo aver raccolto il cosmetico, non lo consegna alla donna ma aspetta che sia lei a muoversi per riprenderselo. Andranno avanti così per tutto il film, con un rapporto di dominazione/dominato che vede Cora avere una certa supremazia ma non totale e completa. I due sono amanti, o meglio lo diventeranno nel corso del film; perché la donna è sposata con Nick (Celcil Kellaway), un pacioso individuo che non si capisce mai quanto sia fesso o quanto reciti a farlo. 

Del resto la storia, se non è nota abbastanza, non è difficile da immaginare: ‘bella donna sposata per interesse ad un uomo benestante ma non attraente, trova l’amante e con la sua complicità uccide il marito.’ I timori della MGM erano legati innanzitutto alla prospettiva del racconto, che segue le vicende del duo criminale senza mai criticarne il comportamento da un punto di vista morale o etico. Inoltre le allusioni erotiche erano certamente piccanti, in quanto la Turner sfoggiava per tutto il film il perfetto personale, peraltro senza scadere mai nel volgare. E qui torniamo al punto curioso di cui si diceva: perché la Cora interpretata da Lana Turner non sembra aver niente a che fare con il resto della storia. Cioè, che una bella ragazza sposi un attempato uomo per sistemarsi, è cosa credibile; ma Lana Turner nel 1946 non era una generica bella ragazza, e ne Il postino suona sempre due volte meno che mai. Lana era un’autentica divinità pienamente consapevole del fascino laccato e impeccabile, quasi freddo tanto la sua bellezza era curata alla perfezione. Una bella ragazza poteva certamente sistemarsi alla locanda delle Querce Gemelle, una 'Lana Turner' era decisamente meno probabile. Non è che l’attrice americana sia stata la donna più bella di sempre, non è questione di bellezza e nemmeno di fascino. Le classifiche lasciano il tempo che trovano e ad Hollywood di dive, nel corso dei decenni, se ne son viste parecchie. 


La cosa che stupisce è che se Lana adeguava abitualmente ben poco il suo guardaroba alle circostanze, in questo film non lo adeguò del tutto: ne Il postino suona sempre due volte l’attrice è sempre pettinata e vestita a puntino come una modella pronta per la sfilata pur recitando il ruolo di locandiera di periferia. Essendo l’epicentro della storia – Cora è il vertice del classico triangolo melodrammatico, compreso tra Frank e Nick – la cosa contribuisce ad un effetto straniante sulla storia. Il film segue il classico schema noir, con Frank, il protagonista un po’ spiantato, che incontra sulla sua strada la dark lady, ovviamente Cora, che lo condurrà alla rovina. Sulla carta il tenore della storia è torbido, con i due amanti che se la intendono sotto il naso del marito, amoreggiando sotto il suo stesso tetto addirittura con il suo apparente beneplacito – si veda la scena in cui tornano dalla spiaggia che è già notte e Nik non sembra minimamente curarsene. Eppure il distaccato glamour di Lana raffredda l’atmosfera, la mantiene ambiguamente accettabile da un punto di vista formale contribuendo ad alimentare l’ipocrisia con cui i due protagonisti procedono impunemente lungo la storia. Ma l’ipocrisia di Frank è, a conti fatti, poca roba, è l’ipocrisia di un debole: l’uomo, infatti, si lascia sedurre pur se recita convintamente il ruolo di macho della vicenda, si lascia convincere agli intenti criminali di Cora, si lascia intimorire dal procuratore Sackett (Leon Ames) e così via. Cora, invece, almeno sotto questo aspetto, è di altro livello, con un’ipocrisia forse pari a quella del marito Nick. 

Con la sua aria perfettina – lei è quella che si mette la cuffia per non sciuparsi i capelli biondo platino ogni volta che si fa un tuffo nel mare – maschera un’anima che non esita a macchiarsi di un crimine odioso come l’omicidio del marito semplicemente perché lo ritiene necessario. Ma lo stesso consorte Nick non è di pasta diversa, anzi: lui non ha la forza per progettare un omicidio vero e proprio ma ha la cattiveria sadica e subdola per mascherare di bontà – l’assistenza alla sorella inferma – un’azione chiaramente volta a danneggiare la moglie. Tutta la strategia dell’uomo a chiaramente ambigua: prende sotto il suo tetto un aitante giovanotto, quando è chiaro che può essere un pericolo per la sua stabilità coniugale, arrivando a spingere poi sua moglie direttamente nelle braccia dell’ospite la sera in cui Cora ballerà con Frank. In seguito c’è l’ulteriore scena con i due che tornano dal mare e lui è già a letto e, quando si sveglia e li scopre abbracciati in cortile, non dà il minimo peso alla cosa. Ingenuo? In differenti situazioni, quelle legate agli affari, per intenderci, Nick non sembra poi così sprovveduto per cui il quadro complessivo del personaggio è quantomai fosco. Il tema dell’ambiguità è chiaramente introdotto già dal titolo, con quel ‘suona sempre due volte’ che è una ripetizione e richiama anche la natura duplice del racconto, ambientato, tra l’altro, in una locanda che si chiama Le Querce Gemelle. In ogni caso molti sono i passaggi che si ripetono, dai tentativi di omicidio, alle confessioni, agli incidenti in macchina, in genere con un distinguo: dei due eventi uno è reale, l’altro è in qualche modo posticcio, finto, fasullo. Il primo tentativo di omicidio si accoppia con il fatale secondo; la confessione al procuratore a quella inutile ai fini processuali, resa da Cora a Kennedy (Alan Reed) che non lavorava per l’accusa ma all’opposto per il suo difensore, l’avvocato Keats (Hume Cronyn). E anche gli incidenti in macchina sono due ma se nel primo è solo inscenata la morte di Nick, visto che l’uomo è stato ucciso in precedenza, successivamente sarà un vero schianto a uccidere Cora. Ufficialmente il significato del titolo, e del film, è che la verità viene sempre a galla, anche se cerchiamo in prima istanza di ignorarla o nasconderla. Un po’ come il postino che insiste finché non gli apriamo, per stare con l’esempio utilizzato come appellativo dell’opera. 


Così Frank, prima della fine del film, pagherà per l’omicidio di Nick, mentre Cora a quel punto era già stata punita dal Destino, finendo, lei sì, uccisa in un incidente. La mano beffarda del fato si riconosceva anche nella sorte di Frank, che finiva alla pena capitale per un omicidio che non aveva commesso dopo averla scampata per quello invece di cui era responsabile. Ancora ripetizioni, con la Giustizia che fa cilecca ma che, almeno in un caso – posto di accettare la morte di un condannato come atto di Giustizia – assolve concettualmente al suo compito: Frank era un assassino e come tale andava punito. E’ quindi questo, il senso del film? Inutile affannarsi, pagheremo in ogni caso i nostri debiti? E il bambino che Cora porta in grembo, quale colpa avrebbe? 

E’ solo il simbolo di una felicità impossibile da raggiungere per i nostri due protagonisti? O forse è il simbolo di un futuro irrealizzabile in un paese – l’America ma vale in conseguenza per tutto il mondo occidentale – dove nessun personaggio, né Cora, né Frank, né Nick, e neppure i rappresentanti delle istituzioni, procuratori e avvocati, è davvero onesto nelle sue azioni? Tutti hanno un duplice comportamento, accanto a quello di facciata: ognuno cerca di fare spudoratamente il suo interesse. Cora finge di essere una brava moglie ma in cuor suo vuol solo liberarsi del marito; Frank accetta un incarico per mettere le corna al suo datore di lavoro; Nick spaccia per umanità verso la sorella il sadismo nei confronti della moglie; il procuratore e l’avvocato ricorrono continuamente a sotterfugi per raggiungere il proprio scopo nelle dispute legali. E l’amore tra Cora e Frank, di cui il figlioletto in arrivo era il frutto? Per quanto zoppicante, è l’unica cosa positiva del film e trova conferma nel duplice atto di fede nel finale. La prova a cui si sottopone la donna, nelle acque profonde del mare, e il pentimento di Frank poco prima della condanna, sembrano l’unico raddoppio davvero valido del film. Cora e Frank sono le uniche persone che hanno un moto di fiducia in un contesto dove l’inganno – il tema del doppio – è la normalità, la norma, quasi una legge, verrebbe da dire.
Forse non a caso i due sono i riconosciuti fuorilegge della storia.       


 Lana Turner 










Galleria di manifesti







Nessun commento:

Posta un commento