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mercoledì 3 settembre 2025

IL TENENTE SHERIDAN - QUALCUNO AL TELEFONO

1724_IL TENENTE SHERIDAN - QUALCUNO AL TELEFONO, Italia 1959. Regia di Stefano De Stefani

Nel 1959 la Rai mise in onda un curioso programma, Giallo club – Invito al poliziesco, che inseriva, all’interno di una sorta di quiz televisivo, alcuni lungometraggi della durata di un’oretta che avevano come protagonista un personaggio che rimarrà nella storia della televisione italiana: il tenente Sheridan. Interpretato da Ubaldo Lay, che finì per essere identificato per sempre con il poliziotto dall’impermeabile color ghiaccio, Sheridan era a capo della Sezione Omicidi di San Francisco ed era ritagliato sulle figure della narrativa hard-boiled americana, come il Philip Marlowe di Raymond Chandler o il Sam Spade di Dashiell Hammett, tenendo figurativamente d’occhio soprattutto Humphrey Bogart nei suoi celebri noir. Ma con qualche significativa correzione: via il cappello, forse troppo comune ai gangster, e niente whisky, visto che il buon tenente beveva latte. Un particolare che sembrava voler stemperare un po’ il clima plumbeo degli argomenti, come detto il tenente lavorava alla Omicidi, con un rimando ai fumetti e a quel Cocco Bill, personaggio di Jacovitti quasi coevo di Sheridan, che girava i saloon del far west bevendo camomilla in luogo del più comune torcibudella. Del resto il rifermento al mondo delle nuvole parlanti era ufficialmente dichiarato dagli autori che si ispirarono a Ezechiele Lupo della Walt Disney per il nome di battesimo di Sheridan, poi familiarmente chiamato Ezzy. Questo rimando –a quello che è in sostanza uno dei cattivi dell’universo disneyano, per la precisione il lupo cattivo che vuole mangiarsi i tre porcellini– è un elemento curioso, perché presenta Sheridan come personaggio non del tutto positivo. Lay, oltretutto, alimenta questa deriva, con una maschera poco espressiva se non per il suo trasmettere inquietudine; insomma, non certo un personaggio rassicurante. Forse è anche per questo che gli autori ambientarono la serie fuori dall’Italia, e non solo genericamente oltreoceano ma a San Francisco, ben più lontano, per esempio, della Nuova York che con la sua Little Italy aveva comunque un’area famigliare nel Belpaese. L’«invito al poliziesco», di cui parlava il programma contenitore, forse aveva proprio questo scopo: far comprendere agli italiani che le forze dell’ordine, anche per la natura del loro ruolo, non erano necessariamente composte da cherubini e anime nobili. Una preoccupazione inutile, a dirla tutta, considerata la Storia del nostro Paese, ma onesta in ambito teorico e necessaria a non creare equivoci. E, rammentando le parole del commissario Alzani –ricordato come il primo poliziotto della Tv italiana, dove Sheridan è il secondo– si può comprendere come quest’operazione di caratterizzazione delle forze dell’ordine sia stata fatta prendendola alla larga, ovvero passando dalla lontanissima California. Alzani (Renato De Carmine), nell’ultimo episodio della serie Aprite: polizia! sostiene infatti che “la delinquenza non latina è sempre più crudele, più cinica”. In pratica, parole in linea alla strategia alla base della scelta di ambientare a San Francisco la serie cardine di Giallo club – Invito al poliziesco, ovvero un po’ quella di gettare il sasso nascondendo la mano. Per «svezzare» il Paese e farlo crescere – compito primo della televisione di stato – occorreva fargli fare i conti con la propria metà oscura –lo scopo catartico del racconto giallo– e con la natura delle forze dell’ordine – quello più didattico del poliziesco– ma non era il caso di essere traumatizzanti. Per cui, per prendere confidenza con questo tema, ovvero l’ambiguità nel quale si muovono gli uomini deputati alla sicurezza della collettività, meglio uno sguardo senza filtri ma che non ci coinvolga subito direttamente. In fondo un saggio emblematico della politica intrisa di spirito paternalistico che caratterizzava la classe dirigente dello Stivale. La serie, una volta fatta la tara alle circostanze dell’epoca, si può affermare sia realizzata con solido mestiere e, oltre al tenente protagonista, prevedeva personaggi fissi come il sergente Steve Howard (Carlo Alighiero) e l’agente Mills (Sandro Moretti), figure ricorrenti che aiutavano lo spettatore a familiarizzare con i racconti. Il primo episodio, Qualcuno al telefono, mette subito in mostra le capacità intuitive del tenente della Omicidi e l’accuratezza formale del film, sceneggiato da Mario Casacci, Alberto Cianbricco e Giuseppe Aldo Rossi, e poi diretto da Stefano De Stefani.      


lunedì 1 settembre 2025

ONE DAY IN UKRAINE

1723_ONE DAY IN UKRAINE, Ucraina, Polonia 2022. Regia di Volodymyr Tykhyy

Il collettivo Babilon’ 13, attivo sin dai tempi della Rivoluzione della Dignità come dimostra il loro Euromaidan – Rough Cut, sa bene che il 24 febbraio 2022 non è cominciata la guerra russo-ucraina. In quel tragico giorno, Mosca ha semplicemente innalzato i toni dello scontro, dando il via alla cosiddetta «invasione su larga scala». Anche stavolta, come nel caso dei fatti di Piazza Indipendenza che diedero il via alla crisi, il collettivo di registi è lesto a reagire per lasciare una traccia cinematografica indelebile: One Day in Ukraine, regia di Volodymyr Tykhyy, coadiuvato dagli altri attivisti per le riprese, ne è il risultato. Nel film, proiettato nell’estate del 2022, si ribadisce l’importanza cronologica degli eventi: il 14 marzo 2022, ovvero il «giorno in Ucraina» a cui si riferisce il titolo, è il numero 2.944 dall’inizio della guerra. Non sono passate solo poche settimane ma ben nove anni; la guerra non è incominciata il 24 febbraio 2022, ma ai tempi della reazione prepotente del Cremlino ai fatti di Piazza Indipendenza. Il documentario sfrutta la matrice collettiva del Babilon’13, per seguire contemporaneamente, nello stesso giorno, differenti storie e personaggi. L’occasione non è casuale, visto che il 14 marzo in Ucraina si celebra il Giorno del Volontariato e di questa attività solidale, spontanea e gratuita ci parla appunto One Day in Ukraine. La guerra non si combatte solo in prima linea, ma anche nelle retrovie, nelle metropolitane delle città che diventano rifugi sicuri per la popolazione contro i bombardamenti degli invasori. In quella di Kyiv è girato parte del film di Tykhyy, che segue differenti filoni narrativi, come il lavoro di alcuni militari che, tra le altre cose, sorvegliano le aree colpite, al fine di prevenire i saccheggi, o l’attivismo di una star della musica che si prodiga per dare concretamente una mano. Insomma, all’invasore armato fino ai denti, l’Ucraina non risponde soltanto a tono, ma mostrando anche la propria umanità e solidarietà.     






    LA STUDENTESSA E L'ORSO è uno studio sulla guerra russo-ucraina attraverso il cinema. 



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