1765_NOI ERAVAMO , Italia 2017. Regia di Leonardo Tiberi
Dopo Fango e Gloria, Leonardo Tiberi ci riporta
ancora indietro di un secolo per farci conoscere un protagonista poco noto
della Prima Guerra Mondiale italiana: Fiorello La Guardia (nel film, Yari
Gugliucci). L’impronta storica del film di Tiberi è ben riconoscibile nell’opera,
dal momento che, esattamente come nel citato Fango e Gloria, moltissimi
passaggi sono filmati d’epoca colorati e adeguati al resto del lungometraggio,
che è una normale fiction. Dall’aspetto e dal “rango generale” –interpretazioni
degli attori, dialoghi, inquadrature– troppo televisiva ma, questo, è un limite
di molto del nostro cinema. Al netto di ciò, quella di Tiberi è una bella
sfida: e, fosse anche solo per la possibilità data allo spettatore di vedere
contestualizzati i filmati storici, va segnalata come scelta coraggiosa. Le
immagini storiche sono state accuratamente colorate e, per quanto possibile,
sincronizzate con le odierne riprese; anche da un punto di vista cromatico si
tratta di un lavoro apprezzabile, ma, purtroppo, non “invisibile”. La differenza
tra i filmati di diversa provenienza rimane evidente e, per attenuarla, gli
autori hanno ricorso ad uno stratagemma che rivela un certo acume: visto che
era impossibile portare le immagini di repertorio all’aspetto di quelle della
fiction, si è in parte operato nella direzione opposta. La colorazione delle
immagini di finzione ha quindi delle accentuazioni, delle enfatizzazioni di
parti del fotogramma, poco naturali, andando quindi ad amalgamarsi con quelle
storiche ricolorate.
Un altro merito che va riconosciuto a Tiberi è l’attenzione ad un personaggio
come La Guardia, che ci permette di capire come il sentimento patriottico
italiano fosse diffuso per il mondo cent’anni fa probabilmente più di quanto lo
è oggi entro i nostri confini. Se Fiorello viveva a New York, altri personaggi
importanti nel film sono, infatti, i fratelli Cusin che arrivano sul fronte
italiano della Grande Guerra dall’Argentina. Guglielmo (Alessandro Tersigni) è
il meccanico dell’areo su cui vola La Guardia –un mitico Caproni Ca.33– Luciano
(Davide Giordano), dopo Caporetto, è relegato suo malgrado al ruolo di reporter
di guerra. Il più giovane dei Cusin vorrebbe infatti avere ancora parte attiva
in battaglia ma finirà più che altro per scontrarsi col fratello maggiore, per
questioni di cuore oltre che di autonomia. Oggetto al centro delle attenzioni
dei fratelli italoargentini, la bella infermiera di turno, Agnese (Beatrice
Arnera), ma, sul piano sentimentale, il racconto lascia onestamente molto a
desiderare. Il melodramma avrebbe anche gli elementi per incendiarsi –Guglielmo
che presta il sangue per salvare il fratello moribondo, Agnese che fa
l’altezzosa, Luciano che prova ad approfittare della condizione di ferito per
conquistare l’infermiera – ma né la regia, né tantomeno gli attori, sembrano a
loro agio in questo ambito.
Per chiudere a dovere, su quella che è un’operazione
comunque nel complesso meritevole, meglio tornare a rimarcare la felice scelta
di riproporre le immagini restaurate in un contesto di svago come lo è un film
di guerra. Uno svago intelligente e istruttivo, beninteso.
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