Translate

lunedì 7 agosto 2023

RE GRANCHIO

1326_RE GRANCHIO . Italia, Argentina, Francia, 2021; Regia di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis.

Incominciamo con l’aspetto forse migliore di Re Granchio, prima opera di finzione di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis: figurativamente il film è eccellente. Tanto gli aspetti rurali della Tuscia, quando gli spazi sconfinati e desolati della Terra del Fuoco argentina sono sfruttati a dovere dalla coppia di registi, non a caso provenienti dal documentario. Belle immagini, certo, ma non solo. Perché Re Granchio ripesca anche la tradizione popolare italiana, quella legata ai racconti fatti dai vecchi accanto al focolare o ad un tavolo dell’osteria. Ed è proprio intorno ad una tavolata che alcuni vecchi dei giorni nostri cominciano a raccontare. Il primo capitolo, Il fattaccio di Sant’Orsio, è ambientato in Etruria, a cavallo tra il XIX e il XX secolo; il protagonista è Luciano (Gabriele Silli), un mezzo squilibrato sempre ubriaco, figlio del dottore del paesino locale ma che vive facendo il pastore. La sua presenza scenica – i lineamenti, solo in parte nascosti dalla lunga barbaccia e dai capelli incolti, uniti alla sua altezza – al confronto con il resto del cast lo rendono un personaggio iconico che ricorda il protagonista de El Topo (1970) di Alejandro Jodorowsky. E Luciano è un personaggio altrettanto indecifrabile: a parte alcuni elementi del carattere che è impossibile non notare. Primo fra tutti il fatto che non si curi del denaro e in seconda battuta quello che si impunti sui suoi diritti contro i privilegi del Principe. Nello specifico, un portone che il signorotto locale ha deciso di chiudere da un giorno all’altro, ostacolando il passaggio dei greggi tra cui quello di Luciano. Le sue lamentele non passano inosservate e i due gendarmi del paese provano a fargli abbassare la cresta, nel dettaglio con una bottigliata in testa. 

Ma Leonardo non è tipo da incassare senza presentare il conto e, quando il suddetto principe invita Emma (Maria Alexandra Lungu) ad incarnare la madonna alla processione del paese, la misura è colma. Questo interessante ed originale racconto è costellato da una serie di canzoni popolari molto evocative che rivelano il patrimonio culturale italiano che giace perlopiù inesplorato. L’Italia è una terra dalla Storia millenaria eppure al cinema raramente si sono scandagliati questi anfratti temporali che pure offrono, come dimostrato da Rigo de Righi e Zoppis, infinite possibilità narrative. Il primo capitolo viene quindi messo in archivio, con Luciano che è spedito dal padre in Argentina, letteralmente In culo al mondo, come recita il titolo della seconda parte. Infatti, il folle protagonista del film è indirettamente responsabile di un decesso e, per questo fatto, l’aria di casa gli è divenuta poco salutare. 

Nella Terra del Fuoco assume l’identità di un prete, tale don Antonio, e si mette alla ricerca di un fantomatico tesoro, verso il quale lo dovrà condurre un granchio. La storia, in effetti, diventa più confusa e poco comprensibile e di questo veniamo avvisati subito, da uno dei vecchi che ne conosce i sommi capi: quella di Luciano in Argentina è una vicenda leggendaria di cui si sa poco e fantastica tanto. Il relativo rigore della prima parte tradizionale, sorretto dalle canzoni che ne scandiscono i passaggi narrativi, lascia il posto ad un racconto rarefatto di cui anche il senso è sfuggente. Ma una cosa non cambia: Luciano, nel finale di entrambi i capitoli, è responsabile della morte di un uomo. E, nel secondo caso, sparando a sangue freddo dopo che si era accordato con il pirata per un cessate il fuoco. Anche se il cinema è finzione, nei western abbiamo imparato che sparare a tradimento non è mai accettabile in nessun modo. Questo passaggio, ora, ci scombina un po’ le carte. Perché c’era la tentazione di paragonare il protagonista, il suo essere fuori dal coro, ribelle, insubordinato, al cinema di Rigo de Righi e Zoppi, così estraneo al panorama italiano. E, per la verità, ci rimane pure il dubbio che sia un’analogia azzeccata ma, considerato il finale e il gratuito omicidio da parte di Luciano, è un paragone che è meglio tenersi in canna. Lo si è detto: al cinema, non si spara a tradimento. Neanche nelle recensioni. 





Maria Alexandra Lungu


Galleria di manifesti 



Nessun commento:

Posta un commento