Translate

Visualizzazione post con etichetta Comico. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Comico. Mostra tutti i post

lunedì 25 agosto 2025

TOTO' CONTRO I QUATTRO

1719_TOTO' CONTRO I QUATTRO , Italia 1963. Regia di Steno

Classico esempio in cui i troppi ingredienti finiscono per creare un piatto se non insipido, quantomeno non armonico, Totò contro i quattro è un film in cui si fatica a salvare qualcosa. E dire che, come accennato, di elementi degni di attenzione ce ne sono a iosa, a cominciare dal Principe della risata, qua all’apice della carriera. Eppure la sua prestazione è relativamente convincente, al punto che, persino «en travesti», un espediente da cui spesso ha ottenuto passaggi spassosi, non è particolarmente memorabile. Totò, nel film, è il commissario Saracino che comincia la sua giornata vedendosi rubata la sua nuova fiammante Fiat 1100, passaggio che evoca, in qualche modo Accadde al commissariato [Giorgio Simonelli, 1954]. I «Quattro» del titolo, non costituiscono una banda o qualcosa di connesso, ma sono le spalle di singoli episodi che vengono tuttavia presentati in un corpo narrativo unico. Nel dettaglio questi personaggi sono: Peppino De Filippo (è il cavalier Alfredo Fiore), Aldo Fabrizi (è don Amilcare), Erminio Macario (è il colonnello La Matta) e Nino Taranto (è l’ispettore Mastrillo), già protagonista del citato film di Simonelli. A questi si può aggiungere Mario Castellani (è il commendatore Lancelli) sebbene le gag più riuscite siano forse quelle con Ugo D’Alessio (è il brigadiere Di Sabato); un po’ prevedibili ma comunque divertenti quelle con Nino Terzo (è l’agente Pappalardo) e Carlo Delle Piane (è Pecorino, il delinquente). Un cast ricco ma da cui si ricava poco, se non qualche gag tra il piccante e il volgare nel senso che l’umorismo è da caserma. In questo senso, tra l’altro, nel film, curiosamente, latitano le presenze femminili, a meno di non considerare Totò travestito una rappresentante del gentil sesso. A questo proposito, divertente la scenetta nel negozio di biancheria intima femminile mentre sconsolante la conclusione a cui giungono Steno, il regista, e i suoi sceneggiatori Bruno Corbucci e Giovanni Grimaldi per chiudere il film. L’automobile rubata al commissario Saracino è alfine trovata da don Amilcare che convince Pecorino a restituirla e a mettersi sulla retta via. Se non che il mariuolo, incappa nel prete appartato in auto col commissario vestito da donna e equivoca la scena: il prete, che gli ha appena fatto la morale, va coi travestiti. Ce n’è per continuare a fare il ladro. Sic. 





  

lunedì 15 luglio 2024

IL COMPAGNO B

1513_IL COMPAGNO B (Pick up your troubles). Stati Uniti 1932; Regia di George Marshall e Raymond McCarey

Terzo lungometraggio di Stanlio e Ollio, Il compagno B, risente della tipica struttura visibilmente assemblata che contraddistingueva i primi lavori della coppia alle prese con prodotti dalla durata superiore. Se il frammentare la storia in vari spezzoni, il reclutamento, l’addestramento, il periodo al fronte, il ritorno e la ricerca dei nonni della piccola orfana, permette di mantenere un ritmo che si auto sostiene, l’impressione complessiva non può certo essere omogenea. Ma lo scopo dei primi film lunghi di Lauren & Hardy era più che altro l’opportunità di vedere il duo sullo schermo semplicemente per un tempo maggiore rispetto alle veloci comiche e quindi, si trattava di un limite messo in preventivo, sia dagli autori che dagli spettatori dell’epoca. In ogni caso Il compagno B è un film divertente e vede Stanlio e Ollio nel pieno della loro forma: James Finlayson, pur se in un ruolo meno incisivo del solito è, come sempre, congeniale alla comicità del duo. Nel campo di addestramento e nella ricerca finale la comicità della coppia prevede le classiche gag, mentre al fronte a risaltare è la scena surreale del carro armato che travolge il reticolato col filo spinato. Usato come una rete a strascico da una barca, permetterà ai nostri di catturare, involontariamente, ça va sans dire, un intero plotone di nemici. Con elementi come Stanlio e Ollio al fronte anche la Grande Guerra è destinata ad andare velocemente in archivio. In effetti è curioso come Il compagno B, che va comunque annoverato come film americano sulla Prima Guerra Mondiale, abbia una struttura opposta ad altri casi simili. La Grande Parata (1925, regia di King Vidor) e Il sergente York (1941, regia di Howard Hawks), ad esempio, dedicavano la prima metà ai preparativi e solo la seconda alla guerra. Probabilmente un espediente strutturale nella composizione della trama per evidenziare come gli Stati Uniti fossero entrati in scena a operazioni belliche già ben avviate. Diversamente, ne Il compagno B i nostri arrivano relativamente in fretta al fronte, l’immancabile addestramento c’è anche in questo caso, ma se la sbrigano in fretta. E altrettanto in fredda la coppia liquida i soldati dell’imperatore tedesco. Evidentemente nemmeno la Grande Guerra era abbastanza grande da resistere al devastante impatto di Laurel & Hardy.   



Galleria 






sabato 11 maggio 2024

CHARLOT SOLDATO

1480_CHARLOT SOLDATO (Shoulder Arms). Stati Uniti, 1918; Regia di Charlie Chaplin.

Dichiaratamente pacifista, Charlie Chaplin, mentre molti dei suoi connazionali erano al fronte, si diede un gran daffare con la sua attività di cineasta, scrivendo, girando ed interpretando una sterminata galleria di corto e mediometraggi. Probabilmente neppure troppo infastidito dalle accuse di codardia, Chaplin decise comunque di dire la sua sull’argomento facendo mandando in guerra Charlot, il suo alter-ego, perlomeno sullo schermo. Quando il geniale autore inglese decise di girare Charlot Soldato la Prima Guerra Mondiale non era ancora finita (e il film uscirà comunque nelle sale americane prima della fine del conflitto), pertanto il suo prevedibile approccio antimilitarista avrà dovuto fare i conti con la censura. Per altro, intelligentemente e astutamente, Chaplin ribalta completamente quello che ci si poteva attendere da lui sebbene, da grande narratore, si riserverà lo stratagemma narrativo per ribadire, in modo più sottile del solito, la sua nota inclinazione sul tema. Charlot è al campo di addestramento e, naturalmente, è una vera frana. I suoi piedi che si rifiutano di seguire i comandi simboleggiano, all’interno di una scenetta comica, la pulsione anarchica individuale rispetto all’autorità. I piedi non obbediscono al cervello di Charlot più di quanto egli non riesca ad obbedire al sergente istruttore (Tom Wilson). Come al solito il povero Charlot non ne imbrocca una: alla fine della giornata è sfinito e sprofonda in branda. E anche al fronte l’inizio non è troppo promettente, almeno per il soldato Charlot. Per lo spettacolo invece si tratta di una decisa impennata: in trincea si moltiplicano le possibilità per Chaplin di imbastire le sue proverbiali spassose gag. Innanzitutto c’è da dare l’idea dell’ambientazione e l’autore lo fa con estrema sintesi tramite due immagini sovraimpresse. A destra c’è Charlot, sotto la pioggia, mesto ed infreddolito, nello spazio scuro sulla sinistra si intravvede un barman, come fosse dietro al bancone. La zona è un incrocio tra due trincee e i militari hanno ironicamente posto un legno a mo’ di cartello segnaletico con la scritta Broadway. In una sola immagine possiamo fare un impietoso confronto: vediamo il luogo dove, in pieno XX secolo, si potrebbe tranquillamente passare la serata e quello in cui l’assurdità della guerra costringe l’individuo. 

Ma i passaggi memorabili sono più d’uno: la trappola per topi da cui recuperare l’esca in tempi di magra, l’alluvione nella ridotta dormitorio, con Charlot che utilizza la tromba di un grammofono per dormire completamente sommerso, o l’utilizzo di maschere a gas per tagliare il formaggio troppo stagionato, prima di scagliarlo nella trincea nemica a mo’ di bomba a gas. La capacità di raccontare per immagini di Chaplin è estrema e sono infatti, come al solito, pochissime le didascalie, in genere usate giusto per ambientare la scena. Ma se sulla vita di trincea e le sue situazioni particolari e assurde, l’autore potrebbe andare probabilmente avanti all’infinito, non è quella la cosa che interessa al nostro. Arriva infatti il momento dell’attacco alla trincea nemica e Charlot, dopo qualche comprensibile tentennamento si lancia all’assalto. A sorpresa il soldato Charlot, recluta numero 13, cattura 13 prigionieri e si trasforma in eroe. Da questo momento dimentichiamoci lo sconsolato militare, quello che non riceveva posta e tristemente si riduceva a spiare un compagno che leggeva una lettera dalla fidanzata, replicandone le espressioni appassionate. Ora Charlot è un baldo soldato che usa i cecchini nemici per aprire bottiglie o accendere sigarette. Partito volontario per una missione, Charlot cattura addirittura il Kaiser! E a questo punto può venire il dubbio che Chaplin si sia davvero convertito alla propaganda bellica o quantomeno patriottica. Ma la realtà è ben diversa. Con l’escamotage narrativo più scontato di sempre, Charlot sta semplicemente sognando sulla branda del campo d’addestramento dove l’avevamo visto addormentarsi, Chaplin conferma quello che pensa sulla guerra. Qualcosa che dovrebbe essere tenuta talmente lontana dalla realtà che, anche in una semplice comica, debba essere al massimo confinata nella zona onirica. 



Galleria 




martedì 29 agosto 2023

TUTTO TOTO' - TOTO' CIAK

1337_TUTTO TOTO' - TOTO' CIAK . Italia, 1967; Regia di Daniele D'Anza.

Atipico episodio della serie Tutto Totò, il sesto appuntamento intitolato Totò Ciak! pare fece il boom di ascolti con 13 milioni di spettatori; in compenso oggi è in genere stroncato dalle recensioni che si possono trovare in rete. In effetti l’operazione è certamente curiosa e sembra ottimizzare lo scarso apporto che il Principe della Risata, ormai allo stremo delle forze, poteva offrire; è giusto riconoscere che il comico napoletano, per quanto cerchi di onorare lo spettacolo, non ha la sua verve migliore e del resto il triste giorno della sua dipartita si avvicinava sempre di più. Il film è impostato in evidente tono metalinguistico con Margherita Guzzinati che conduce una sorta di puntata speciale dedicata al cinema di casa nostra. I generi trattati sono tre: i film di spionaggio – sul modello di quelli di James Bond, l’agente segreto 007 – i western all’italiana e i musicarelli – i musical del Belpaese all’epoca. Se per i film sulle spie e per i western sono ricostruite due vere e proprie parodie, il musicarello è sostanzialmente il genere complessivo dell’opera, visto che le canzoni costellano tutta la lunghezza dello spettacolo. Ma andiamo con ordine: dopo l’introduzione della Guzzinati, ci troviamo in un set di un tipico film di James Bond, con il lussuoso albergo, la piscina e tante ragazze in costume. Al di là delle gag non certo memorabili, sorprendono positivamente le canzoni, a partire da Una porta chiusa cantata dai Royals con le loro chitarre ma bene anche Donatella Moretti con Era più di un anno e soprattutto Michele con la sua bellissima E’ stato facile. Archiviata la questione spionistica, c’è l’intermezzo musicale di Gianni Morandi con la sua Povera Piccola anche questo di notevole livello. La seconda parte è una parodia dei western di Ringo, qui interpretato da Gordon Mitchell, ed è ben introdotta dal brano Angel Face di Maurizio Graf. Totò, per quanto possa essere buffo nei panni del pistolero, sembra ancora più provato, rispetto alle scene in cui faceva il verso a 007. Ancora una volta sono le esibizioni canore a salvare la baracca, Anna Identici con Una lettera al giorno e nientemeno che Bobby Solo con Per far piangere un uomo. Difficile obiettare sulle critiche di un’evidente improvvisazione che vengono mosse a questo film. Eppure la scelta delle canzoni che irrompano nello scorrere della trama senza troppe pretese di avere particolari connessioni con essa – come avveniva in molti musicarelli cinematografici – non è necessariamente da scartare a priori e, in questo caso, risulta particolarmente funzionale anche per via della clamorosa resa sonora dei brani. Oltretutto, le canzoni sono poco conosciute ma niente affatto male. Insomma, se non uno degli episodi migliori della serie, perlomeno uno dei più originali.  




  Margherita Guzzinati 



Ivy Holzer 


Anna Identici 


Donatella Moretti


Marisa Traversi 


Copertina alternativa

venerdì 28 luglio 2023

TUTTO TOTO' - LA SCOMMESSA

1319_TUTTO TOTO' - LA SCOMMESSA . Italia1967; Regia di Daniele D'Anza.

Un Totò timido e impacciato con le donne è perlomeno una novità che permette di far guadagnare qualche punto in tema di curiosità al quinto episodio della serie di film televisivi Tutto Totò. Daniele D’Anza cura la discreta regia, su un soggetto dello stesso Antonio De Curtis – vero nome di Totò – in collaborazione con Bruno Corbucci che, a quanto risulta, è del tutto originale e non ripropone qualcosa della sterminata carriera del Principe della Risata. In effetti Oberdan, il personaggio interpretato da Toto’ in questo La scommessa, è un ruolo atipico per il comico napoletano e pare quindi logico che le gag di cui si rende protagonista siano state da inventare di sana pianta o quasi e non riprese dalle sue opere di avanspettacolo o da qualche film, come d’abitudine per questi sceneggiati. Salta subito all’occhio la timidezza di Oberdan, che viene fatto oggetto di scherno dalle colleghe di lavoro nell’ufficio in cui lavora. Tra queste vale la pena segnalare Ivy Holzer anche se, dal punto di vista della presenza scenica femminile, il film è dominato da Luisella Boni nel ruolo della signora Bianca. La donna è la moglie di Giulio Cesare (Mario Pisu), avvocato nel cui studio Oberdan è il tuttofare: vedendo quanto questi è imbranato con il gentil sesso, i due coniugi decidono di fare una scommessa, quella del titolo, alle spalle del povero impiegato. Giulio Cesare sostiene che nemmeno Bianca, donna bellissima, riuscirebbe a far uscire di casa per una cena galante Oberdan; naturalmente la moglie accetta la sfida. Oberdan e il suo confessarsi signorino, i duetti con Walter Chiari, nel ruolo di sé stesso, e Mario Castellani, in quelli del maître, sono considerati i punti di forza del racconto. Una recitazione un po’ più curata – Castellani a parte, mentre perfino Totò non è del tutto convincente – avrebbe comunque giovato. 

Luisella Boni 

Ivy Holzer 

giovedì 15 giugno 2023

TUTTO TOTO' - DON GIOVANNINO

1292_TUTTO TOTO' - DON GIOVANNINO Italia,1967; Regia di Daniela D'Anza.

In questo film televisivo troviamo nelle improbabili vesti di dongiovanni, Totò (è Barnaba Parmiggiani) che ricorre ai suoi soliti cliché umoristici per vessare le belle clienti di un centro commerciali che lasciano la macchina nel parcheggio. Niente di eclatante né tantomeno originale, ma era cosa già da mettere in preventivo, in quanto la maggior parte degli sketch erano ripresi da vecchi spettacoli di Totò. In questo caso in particolare da C’era una volta il mondo, rivista teatrale del 1947, ma si possono trovare analogie più comode con i film Totò all’Inferno (1955) o I pompieri di Viggiù (1949). Funzionali i duetti con Gianni Angus (è il cognato di Barnaba) nel negozio di fiori funzionano così come il successivo passaggio in cui Totò si finge un pazzo scappato dal manicomio e il frammento che ripropone il celebre siparietto del manichino. In quest’ultimo caso va segnalata la presenza, al solito professionale e prestigiosa, di Franco Volpi. Ma, parlando di presenza scenica, Don Giovannino si lascia ricordare per quella delle interpreti femminili: Gloria Paul e Antonella Lualdi. La Lualdi si vede nella scena del manichino e, a trentasei anni, è in forma smagliante: per la verità, oltre cinquant’anni dopo, osservare la presentazione lusinghiera che la produzione le riserva, nei titoli di testa, può far riflettere sul fatto che l’attrice, forse, non ha pienamente rispettato le aspettative del tempo. Per la verità, oggi, nemmeno Gloria Paul è particolarmente considerata; al tempo, di anni, l’attrice inglese, ne aveva invece ventisette e, in tema di forma fisica, non era seconda a nessuna. Gloria è, di fatto, l’elemento di spicco del film, nel quale la sua statuaria bellezza brilla infatti in modo vivido e senza alcuna increspatura. Perché, per il resto, anche questo episodio si contraddistingue per un po’ di stanchezza diffusa: Totò se la cava col mestiere, considerato il precario stato di salute. Angus e Volpi sono bravi, ma sembrano quasi contenuti, al cospetto del principe della risata che si intuisce non essere al suo meglio. Insomma, se dobbiamo ricordare Don Giovannino viene subito da pensare a Gloria Paul e al suo metro e settantotto di classe pura. 







Gloria Paul 







Antonella Lualdi 




Copertina alternativa