780_SUNBURN - BRUCIATA DAL SOLE (Sunburn). Stati Uniti, Regno Unito; 1979. Regia di Richard C. Sarafian.

Divertente commedia parodistica, Sunburn – Bruciata
dal sole sembra quasi un film, in un certo senso, metalinguistico, ovvero
che riflette su sé stesso o qualcosa di strettamente inerente, più che proporre
una semplice finzione di realtà, come è di norma il cinema. In effetti, il
fatto stesso di essere una parodia ci mette su quella strada, visto che il
riferimento è il cinema d’avventura gialla (e non la realtà) che la storia del
film di Richard C. Serafian prende bonariamente in giro. Il clima
narrativo è infatti quello: il fatto che il protagonista maschile sia
interpretato da Charles Grodin (è l’investigatore
assicurativo Jake Dekkar), relativamente famoso per qualche ruolo semiserio, è
un chiaro indizio; la scena inziale con la macchia di liquore sui calzoni con
cui si presenta sul luogo delle indagini, quasi se la sia appena fatta sotto, ne
è la conferma definitiva. Il tono quindi è leggero, ma l’azione non manca e le
scene adrenaliniche sono anche funzionali, visto che Serafian, in regia, sa
grosso modo il fatto suo. Tutto ciò però è marginale, in Sunburn – Bruciata
dal sole, perché, come si può intuire bene dal titolo italiano, la vera
protagonista del film è la partner di Dekkar, Ellie Morgan, interpretata da una
favolosa e splendida Farrah Fawcett. La Fawcett tiene in modo naturale il
centro della ribalta, che sia per l’illuminante sorriso, per gli occhi, per i
famosissimi capelli (la cui acconciatura aveva persino un nome, the Farrah,
richiestissima dalle donne di mezzo mondo) o anche per tutto quanto il resto:
le bastò una sola stagione di Charlie’s Angels per rimanere nei cuori
dei telespettatori dell’intero pianeta, lasciando sostanzialmente nell’oblio le
altre interpreti degli angeli che pure erano bellezze mozzafiato.

La
decisione di abbandonare la serie fu uno choc per tutti, soprattutto per la
produzione del telefilm che intentò una causa costosissima contro l’attrice e
pare si adoperò per ostacolarne, in seguito, la carriera. Chissà se tutto
questo ha a che vedere con l’attività, tutto sommato scarsa, che una star del
calibro di Farrah avrà ad Hollywood fino alla prematura morte, occorsa nel
2009. Certo, a pensar male, si può dar ragione a chi, nel 2010, polemizzò con
l’Academy Award per averne ignorato la scomparsa, nel
tradizionale necrologio dedicato agli attori morti nell’anno precedente. Tutto
ciò però centra poco con Sunburn – Bruciata dal sole film del 1979,
opera nel complesso modesta che arrivava sorprendentemente nel momento topico
della carriera dell’attrice americana. E verrebbe naturale chiedersi come sia
possibile che la ragazza dei sogni di ogni terrestre finisca per lavorare in
tre anni in un paio di modeste produzioni (oltre al film di Sarafian, Farrah
interpretò un'altra commedia gialla, Chi ha ucciso mio marito? per
un’altra delusione al botteghino), invece di sfruttare il momento magico.

E
allora, anche visto che nel film il riferimento all’ustione solare è davvero
striminzito, viene il sospetto che la definizione sunburn utilizzata
come titolo, sia da intendere in senso metalinguistico per sottolineare come la
bellezza folgorante di Farrah si sia rivelata un’arma a doppio taglio e
scottante, per la carriera della brava attrice. Perché sullo schermo la Fawcett
si disimpegna egregiamente, aiutata certo dal disarmante sorriso e da tutto
quanto il personale, permettendo alla pellicola di cavarsela pur nella
generale povertà di idee concretamente narrative. Una mano gliela dà anche Joan
Collins, chiamata ad interpretare Nera, una versione fortemente parodistica
della mangiatrice di uomini vista all’opera in The Stud – Lo Stallone
(1978, di Quentin Masters). Con Joan sulla scena l’impressione di essere di
fronte ad un testo metalinguistico è ulteriormente rafforzata perché la diva
era ormai un’icona che trascendeva il singolo film. Basta vedere la Collins, e
all’attrice basta uno sguardo che confermi l’impressione, e sostanzialmente si
è capito chi sia Nera, il suo personaggio.

A quel punto Joan può pensare a
divertirsi stuzzicando il protagonista, quando non a centrifugarlo con la
proverbiale intraprendenza sessuale, oppure a piazzare una serie di battute,
guarda caso, di matrice metalinguistica. Ad esempio quando il suo personaggio
fa la svampita e non ricorda chi fosse Lee Van Cleef, (con il quale l’attrice
aveva lavorato in Bravados, 1958, di Henry King) o scambia, in modo del
tutto non plausibile, un semplice passamontagna nero per il costume da Uomo
Ragno. La stessa Fawcett, per bocca del suo personaggio, non è affatto
convinta che la rivale la racconti giusta. Sì, perché per quanto sia difficile
da credere persino in una parodia, alla fine il buon Charles Grodin viene
conteso dalle due splendide donne del racconto. La Collins gestisce la cosa
alzando i giri della sua interpretazione, non potendo competere sullo stesso
terreno, con i suoi 46 anni, con i 32 della bionda americana. Il personaggio
della Fawcett invece ci scherza un po’ su; in ogni caso la diva inglese aveva
una tale classe da essere inattaccabile.

Preoccupata dall’interesse mostrato da
Jake per Nera, Ellie osserva come la rivale sia “vecchia”, precisando un
“direi che ha almeno quarant’anni” che ha, ancora una volta, una valenza
metalinguistica: vuole essere offensivo per Nera, nel contesto del racconto, ed
è invece un complimento per Joan Collins che, come detto, ne aveva ben sei di
più. Ma, non contenta, la ragazza rincara la dose: “e direi che prende
qualche pillola per tirarsi un po’ su!”. Lapidaria la risposta di
Jake: “Devono essere delle bombe” che fa rimanere Ellie imbronciata e
congeda degnamente la Collins dal film, lasciato per il finale completamente a
disposizione della Fawcett. La bionda americana se la cava anche nelle scene
d’azione, grazie ad un fisico atleticamente di primordine, ma non esagera
limitandosi ad un paio di padellate ben piazzate; divertente l’inseguimento con
l’auto, una Datsun 200SX, che finisce per fare irruzione addirittura in un’arena
durante la corrida. Jake, affiancato dal vecchio amico Marcus (Art Carney), ha
il tempo per chiudere la vicenda con un po’ di azione, nella quale non mancano
i passaggi ironici, a ricordare il tono scanzonato della pellicola. Niente di
trascendentale, sia chiaro, ma va bene tutto, fintanto che c’è Farrah sul
grande schermo. Peccato avercela vista così raramente. 
Joan Collins
Farrah Fawcett