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sabato 28 maggio 2022

DIABOLIK (2021)

1024_DIABOLIK . Italia, 2021; Regia di Manetti Bros.

L’inizio non è troppo incoraggiante e, dopo una ventina di minuti, Diabolik dei fratelli Manetti con le sue oltre due ore di durata, appare uno scoglio insormontabile o quasi. Ritmo fiacco, dialoghi improbabili e ripetitivi, attori che non sembrano nemmeno adatti ai ruoli, location e decor dal gusto posticcio, recitazione da fiction televisiva che più ordinaria non si può, regia che si allinea allo stesso riferimento. Luca Marinelli nei panni di Diabolik è anonimo più che glaciale e Miriam Leone in quelli di Eva Kant non convince; forse un po’ meglio Valerio Mastrandrea nel ruolo dell’ispettore Ginko. Nel cast, in generale, la recitazione non è il piatto forte degli interpreti sebbene una certa artificiosità era (ed è) presente sulle pagine del fumetto delle Sorelle Giussani dedicato al Genio del Crimine, che certo non è mai stato un vero e proprio capolavoro della settima arte. Il successo del fumetto Diabolik è legato al carisma maligno dell’eroe che si innesta efficacemente su avventura, azione e violenza dosate con perizia nelle storie. Intanto il film dei Manetti Bros lentamente prende un po’ di giri: giova, a questo, la scelta del soggetto, ispirato al terzo numero della serie, L’arresto di Diabolik, dove avviene il primo incontro tra il personaggio e Eva. Perché a trascinare la storia ci si mette Miriam Leone: lo chignon la trasforma in una credibile Eva Kant e l’attrice catanese sembra quasi sciogliersi man mano che i minuti passano, mentre l’indiscutibile presenza scenica diviene il polo d’attrazione principale del film. Da parte sua Diabolik dà sfoggio della proverbiale crudeltà, anche se ne finale risparmierà la vita a Ginko. Al di là delle scene d’azione, dove fa la sua comparsa anche l’uso dello split screen, che assolvono il proprio compito confermando i progressi del lungometraggio, la cosa più interessante del film è una battuta. Di Eva, naturalmente. Giorgio Caron (Alessandro Roja), vice ministro della Giustizia di Clearville, è arrivato a ricattarla pur di averla, riuscendo a strapparle un fidanzamento di facciata. Ma in fondo cosa vuole, questa donna, denaro, potere? La risposta di Eva vale anche per chi si chiede cosa ci trovino i lettori nei fumetti di Diabolik: emozioni. Le stesse che, in definitiva, si trovano anche nel Diabolik dei Manetti Bros. Dai, è andata!  





Miriam Leone 





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giovedì 26 maggio 2022

DIABOLIK (1968)

1023_DIABOLIK (Danger Diabolik). Italia, Francia1968; Regia di Mario Bava.

A quanto pare Mario Bava restò deluso dal risultato del suo film su Diabolik, in quanto non gli fu permesso di riproporre fedelmente il personaggio dei fumetti opera delle sorelle Giussani. Dino De Laurentiis impose una linea più soft rispetto a quanto si leggeva sugli albi, dove il Genio del Crimine dava sfoggio di una crudeltà senza precedenti, almeno per i fumetti italiani. E se è vero che nel film Diabolik (John Phillip Law) non eccede nelle efferatezze va specificato che non è nemmeno tanto tenero. Certo, ha una vena goliardica, o quello che lo spinge ad usare il gas esilarante, che forse non è proprio l’esempio più calzante del modus operandi del suo riferimento suoi comics. Il film sottolinea, nelle scene delle bombe distribuite nei palazzi istituzionali, l’idea rivoluzionaria, anarchica o quantomeno la contestazione al modello borghese – che negli anni del boom economico in Italia si andava affermando – una critica sociale che si è cercato spesso di attribuire al personaggio. Una teoria un filo posticcia visto che Diabolik di mestiere si appropria di denaro e preziosi che sono appunto il supremo simbolo della società capitalista: e li ruba né più né meno per lo stesso motivo degli intrallazzatori che, secondo questa chiave di lettura, dovrebbe additare. Per carità, il discorso tecnicamente può anche stare in piedi: si prende il massimo esempio negativo e si scopre che in parte è simile agli elementi più illustri della società. Ma un simile motivo non giustificherebbe l’enorme successo che Diabolik ha, più come personaggio che come fumetto: l’unica ragione che può spiegare il perché di questa popolarità dello spietato criminale è che il male è affascinante. In questo senso forse ha ragione Bava e il suo Diabolik non è abbastanza cattivo; è un supercriminale, ma non l’essenza del male stesso. 

Anzi, volendo vedere, Valmont (Adolfo Celi) inserito nella storia forse per fare un distinguo tra Diabolik e un volgare bandito, vede il protagonista perdere troppi punti nel confronto diretto. Celi è un vero asso, questo va detto, per cui il suo personaggio se ne avvantaggia; si veda il modo rozzo e gratuito con cui Valmont tratta la splendida Rose, interpretata da una sorprendente Annie Gorassini. Davvero curioso che un’attrice con la sua presenza scenica sia stata così poco impiegata dal mondo del cinema. Se si parla di donne in Diabolik, per altro, la precedenza spetta ovviamente a Eva Kant: nei succinti panni della fidanzata di Diabolik vediamo in tutta la sua bellezza Marisa Mell, che non delude le aspettative anche se ne non ricorda poi più di tanto la versione fumettistica. Sotto questo aspetto va così così anche Law, onestamente, mentre molto meglio risulta l’ispettore Ginko che ci offre Michel Piccoli. Forse la cosa migliore del film sono però le location, nelle quali spicca la villa di Diabolik di stile davvero futurista. Il che permette al film di avere una confezione formale, nel complesso, non disprezzabile, anche perché la mano di Bava in regia ogni tanto si sente e così la storia, anche se non è un capolavoro di ritmo, non molla mai del tutto la presa. Si poteva fare meglio, come sostiene lo stesso Bava, ma da un film tratto da un fumetto – con tutte le problematiche del caso – il rischio di fare molto peggio era assai concreto. Pericolo scongiurato e quindi pollice alzato senza indugio.  






Marisa Mell 














Annie Gorassini 





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