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giovedì 31 luglio 2025

ADDIO MIA BELLA SIGNORA

1706_ADDIO MIA BELLA SIGNORA , Italia 1954. Regia di Fernando Cerchio

Il titolo del film del bravo Fernando Cerchio Addio mia bella signora, riecheggia la famosa canzone risorgimentale Addio mia bella addio (1848, di Carlo Alberto Bosi) che, in effetti, nella pellicola viene intonata un paio di volte. Il racconto filmico è, infatti, ambientato durante la Prima Guerra Mondiale e i temi patriottici erano quindi pertinenti; una scelta condivisibile, visto che, al cinema, non c’è niente di meglio della musica per creare la giusta atmosfera. Per altro quello di Cerchio è un melodramma, di quelli tosti degli anni cinquanta, e quindi, ecco che ancora più importante del pezzo patriottico citato è la canzone Addio mia bella signora (a volte indicata come Addio signora, in questo caso cantata da Giacomo Rondinella stando ai titoli di testa del film o da Elio Mauro secondo il sito IMDb). La questione della canzone non è secondaria in quanto il pezzo divenne celeberrimo (riproposto, tra gli altri, nel corso degli anni da Gino Tajoli e da Claudio Villa) e nel film è usato magistralmente da Cerchio come effetto trainante. Sulle struggenti note della canzone melodica, le scene romantiche tra Cristina (un’elegante Alba Arnova) e Guido (Armando Francioli) sono girate con stile calligrafico impeccabile dal regista, quasi un videoclip dal sapore impressionista, ma il nocciolo della questione è altrove. Cristina, infatti, è già sposata con il colonnello Riccardo Salluzzo (un monumentale Gino Cervi), uomo decisamente più attempato della giovane moglie. La Grande Guerra è scoppiata e il colonnello è partito per il fronte; a badare alla lussuosa magione è rimasto il suo attendente Giuseppe (un altrettanto monumentale Nino Pavese) troppo anziano per svolgere il suo ruolo in prima linea. Guido aveva adocchiato Cristina prima che questa si sposasse ma aveva dovuto desistere di fronte al matrimonio della ragazza. Ora però, col marito assente, complice alcune amicizie comuni (tra cui val la pena citare Marco interpretato da un già pimpante Franco Fabrizi), il giovanotto poteva tornare a fare il cascamorto con la giovane sposa. Qui c’è un passaggio cruciale nell’economia della disputa morale che scaturirà dalla torbida storia (del resto si tratta di un melò strappalacrime): Clara (Laura Gore) invita Cristina ad una festa in onore dei volontari universitari quando il colonnello non è ancora partito per la guerra. Alla festa la ragazza incontra nuovamente Guido che subito coglie al volo l’occasione per corteggiarla; ben sapendo che questa è una donna sposata. 

Poi, certamente quello tra Cristina e il colonnello non era un matrimonio di cuore, diciamo così, e la ragazza non era felicemente innamorata del marito; ma la scorrettezza di Guido, il suo tempismo opportunista, rimane evidente. Anche perché, pur proclamandosi volontario universitario, mentre il colonnello è in prima linea il giovane si guarda bene dall’arruolarsi e pensa a fare la bella vita con Cristina e gli amici. La situazione di idillio temporaneo, in quanto è evidente che prima o poi lo spasso finirà, è interrotta da un colpo di scena: dal fronte arriva la notizia che il colonnello è morto. Cristina, dimostrando un certo spessore morale, è turbata dai suoi sentimenti, dalla sua irrefrenabile gioia che sovrasta il pur timido dispiacere per la morte di un marito che, seppur sia sempre stato buono nei suoi confronti, non ha mai amato. Di ben altra pasta è fatto Guido che invece minimizza gli scrupoli e la sprona ad un deciso cambio di passo, ora che è libera dai precedenti vincoli. Per festeggiare il natale e la decisione di sposarsi, niente di meglio che andare in campagna con gli amici: quando giunge un’altra notizia dal fronte, che ribalta nuovamente la situazione. Il colonnello non è morto, è tornato mutilato agli arti inferiori. Cristina, sentendosi colpevole, rivede i suoi programmi ma Guido non molla e minaccia di rivelare al marito della loro tresca se non ci penserà la ragazza a chiarire la questione. Il torbido drammone è ben strutturato con i giusti incastri narrativi e il colonnello arriva a conoscere la verità e gioca d’anticipo mettendo sotto muto ricatto morale la moglie, in una situazione che si fa sempre più tesa. Guido scalpita, Cristina è insofferente, il colonnello istiga sornione: notevole la condotta in regia di Cerchio. Poi, quando la tensione arriva all’acme, è il vecchio militare a fare un passo indietro. Mentre Guido si è finalmente deciso ad arruolarsi pur di smuovere Cristina dal suo stallo, e la ragazza ormai ha ceduto, il colonnello medita il suicidio per farsi da parte. Giuseppe, figura sempre presente e incaricata di facilitare gli snodi della trama, se ne accorge per tempo e avverte Cristina. La donna, vedendo che l’anziano marito è pronto a togliersi la vita pur di non ostacolarne la felicità, decide di dare corpo alle parole della canzone che dà il titolo al film, lasciando Guido ad attenderla inutilmente al solito appuntamento. Il melodramma, genere che spesso ha una forte matrice morale, è quindi compiuto: i personaggi, in un modo o nell’altro, finiscono per fare il proprio dovere. Il colonnello ha lasciato le gambe, per compierlo; Cristina rinuncia all’amore, per rispettare il suo legame col marito. E Guido, sebbene è legittimo dubitare del suo reale intento, partirà con i bersaglieri. Poco male; sentito o meno che sia, dovrà farlo di corsa.    




Alba Arnova 



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