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mercoledì 23 aprile 2025

L'AGGUATO DEI SOTTOMARINI

1657_L'AGGUATO DEI SOTTOMARINI (Suicide Fleet). Stati Uniti, 1931. Regia di Albert S. Rogell

Negli anni ’30 del secolo scorso c’erano negli Stati Uniti una serie di forze che animavano contemporaneamente l’umore sociale: il paese era uscito vincitore dalla Grande Guerra, sia dal punto di vista bellico che sotto l’aspetto morale, avendo deciso le sorti del conflitto con il proprio provvidenziale intervento. Per tutto il decennio successivo alla guerra, i ruggenti anni Venti, gli americani se l’erano sostanzialmente spassata; ma nel 1931, anno di uscita de L’agguato dei sottomarini, ci si trovava ancora sbalzati nel pieno della Grande Depressione. Da una parte c’era quindi la voglia di affermare la propria leadership mondiale, e di continuare ad assaporare il benessere raggiunto e goduto a lungo, d’altra bisognava fare i conti con una situazione non certo rosea. Tutto questo si può tirare in ballo per provare a comprendere com’è che possa venire in mente, ad Hollywood, di organizzare un film come il citato L’agguato dei sottomarini. Il lungometraggio di Albert S. Rogell prevede infatti l’impiego di sommergibili, navi da guerra e velieri in gran quantità per quella che è, in fin dei conti, una commedia, seppur con una serie di differenti venature che la percorrono. Quasi che, in una tale situazione di emergenza sociale, si ricorra perfino alle forze militari e quindi istituzionali della nazione, per finanziare o comunque avere il pieno appoggio e dare man forte e fiducia anche al cinema nel tentativo di far ripartire moralmente il paese. Si diceva della struttura curiosa del film, che è una commedia ma con un corredo di scene di azioni belliche sul mare di prim’ordine. Innanzitutto, anche perché è la traccia con cui attacca la pellicola, c’è un’importante trama sentimentale con una giovanissima ma già superlativa Ginger Rogers, nei panni di Sally, che tiene il centro di una contesa romantica in quel di Coney Island. I tre pretendenti sono l’aitante Baltimore (Billy Boyd), e la coppia di spalle Dutch (Robert Armstrong) e Skeets (James Gleason) che servono, in questo ambito, ad ostacolare il primo nel suo tentativo di conquistare Sally. Presto i componenti del nostro terzetto, proprio per guadagnare prestigio agli occhi della ragazza, si arruolano in marina, visto che gli Stati Uniti si sono uniti alla bagarre nella Prima Guerra Mondiale. In modo un po’ brusco, a questo punto, la traccia sentimentale è lasciata da parte mentre vi è uno sfoggio quasi documentaristico dell’attività di una nave da guerra di inizio secolo. 

La trama bellica vede gli americani scoprire che un veliero battente bandiera norvegese è in realtà una nave tedesca che funge da supporto ai sommergibili: scoperto l’inganno gli alleati tenderanno una trappola ai nemici a cui si ispira appunto il titolo italiano. Notevole, come detto, il dispiego di imbarcazioni per la realizzazione del film: in totale la marina americana mise a disposizione una decina di navi da guerra, mentre dei due velieri, USS Indiana e l’USS Bohemia, quest’ultima venne addirittura affondata nella battaglia finale dai tre sottomarini americani che interpretavano gli U-Boot tedeschi. Le scene delle battaglie navali sono di notevole efficacia, infatti, perché furono realizzate in modo fin troppo realistico: per cominciare, l’incendio che l’equipaggio tedesco, camuffato da norvegese, appicca sul veliero per distruggere le prove e i codici segreti di criptografia, sul set sfuggì al controllo e dovette intervenire la USS Noa, un cacciatorpediniere della Marina, per spegnere le fiamme. Nel racconto filmico gli americani, una volta che il veliero norvegese si era autoaffondato, camuffano a loro volta una loro vecchia imbarcazione per trarre in inganno i sommergibili nemici. Naturalmente a bordo della nave finiscono i nostri tre personaggi, con Baltimore, sottoufficiale di bordo sulla USS Destroyer, a cui viene affidato il comando della spedizione. Il roboante finale arriva dopo una buona sequenza pregna di suspense, con un primo incontro tra il veliero ora condotto dagli americani su cui salgono i capitani di ben due sommergibili tedeschi, l’U-170 e l’U-165. Ad interpretare il ruolo del capitano del veliero, non è Baltimora ma Dutch, che se la cava col tedesco: sebbene non abbia idea su cosa vertessero i dialoghi e i piani dei suoi interlocutori, deve cercare di prendere tempo per dar modo alla flotta americana di intervenire. Una missione pericolosa, certo, non a caso il titolo originale del film è Suicide Fleet; tuttavia Dutch sembra riuscire a cavarsela, se non che si presenta sulla scena un terzo sommergibile, l’U-200. L’attenzione alla denominazione dei sottomarini non è un vezzo perché proprio dalla sigla si può capire come l’ultimo arrivato sia lo stesso sommergibile che si era visto nelle fasi iniziali del film, quando il veliero in azione era ancora l’originale tedesco camuffato da norvegese. Ma questo significa che il comandante dell’U-200 conosce il vero capitano del finto mercantile norvegese e non sarà possibile ingannarlo spacciando Dutch in queste vesti. La situazione, infatti, precipita e il veliero si trova di conseguenza in acque non cattive, cattivissime! In qualche modo, alla fin fine, i nostri tre protagonisti se la cavano anche perché c’è nientemeno che Ginger Rogers che aspetta a Coney Island per il lieto fine romantico con Baltimora. Ma, la divina Ginger ci perdonerà se stavolta la chiusura la dedichiamo alla USS Bohemia: pare che l’addetto agli effetti speciali, Harry Redmond, preparò con cura le cariche a bordo del veliero per uno spettacolare affondamento, innescato da comandi elettrici a distanza. Naturalmente il veliero era deserto, quando uno dei primissimi colpi dell’U-170 colpì erroneamente gli esplosivi preparati per la grande esplosione che venne così anticipata, seppur non privata minimamente della sua efficacia. Purtroppo la scena fu fatale alla gloriosa USS Bohemia, del resto era la sua fine prevista ma, per una star del suo calibro, era un magnifico tre alberi, si può ben dire che perlomeno fu un’uscita di scena col botto.


Ginger Rogers 






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