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Visualizzazione post con etichetta Musical. Mostra tutti i post
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lunedì 1 luglio 2024

LA VITA DI VERNON E IRENE CASTLE

1506_LA VITA DI VERNON E IRENE CASTLE (The story of Vernon e Irene Castle). Stati Uniti 1939; Regia di Henry C. Potter.

A prescindere dal presupposto che se c’è Ginger Rogers un film è comunque meritevole, La vita di Vernon e Irene Castle è una piacevole commedia musicale oltre che un originale biopic. Il film è infatti incentrato sulla vita di Vernon Castle (Fred Astair) e sua moglie Irene (la divina Ginger Rogers, appunto), due figure di spicco della storia del ballo avendo contribuito agli inizi del secolo scorso a sviluppare nuovi stili come lo one-step o il turkey trot e avendone uno, il Castle Walk, addirittura che ne tributa l’importanza sin dal nome. Naturalmente il lungometraggio di H.C. Potter non si perde in disquisizioni tecniche troppo specifiche e, per lo spettatore generico, Ginger e Fred, quando devono ballare, si limitano a trascinare lo spettacolo con la loro travolgente verve. Essendo una storia biografica, condotta sotto la supervisione diretta della vera Irene Castle, autrice del soggetto, il racconto ha qualche fase meno scorrevole ma, nel complesso, si lascia seguire. Vero è che la Castle si lamentò di alcuni dettagli, dai capelli che Ginger rifiutò di tingersi di nero, al fatto che il suo tutore Walter nel film non era un uomo di colore, essendo interpretato dal mitico Walter Brennan. In queste puntualizzazioni ci si può leggere la proverbiale miopia di chi pensa che il cinema sia semplicemente l’arte di riprodurre la realtà. In realtà il cinema, proprio per la sua capacità di simulare il reale, non si limita a riprodurlo ma crea qualcosa d’altro, la finzione. E lamentarsi di Ginger Rogers o Walter Brennan, due mostri sacri della settima arte, in virtù di una mancanza di stretta somiglianza con personaggi misconosciuti è un po’ clamoroso. Qui non siamo di fronte ad un attore di periferia che interpreta il personaggio storico; semmai, nonostante i citati meriti dei Castle, è vero il contrario, perché gli interpreti del film sono delle autentiche star anche al di fuori del loro ambito professionale ed è grazie al loro contributo che la vicenda originale può salire alla ribalta. In ogni caso, Brennan si occupa dei ritagli marginali con il consueto mestiere, mentre Ginger è al solito splendida, anche nell’interpretare la ballerina imbranata dell’inizio della storia e, all’occorrenza, mostra un pizzico di quel suo piglio che sfoderava nelle commedie più pepate (ad esempio quelle meravigliose di Gregory La Cava come La ragazza della Quinta Strada o Palcoscenico). Fred Astaire, dal canto suo, se la cava molto bene sia come attore comico, negli sketch della prima parte che, ovviamente, come ballerino. Meno convincente nel ruolo di pilota di aereo della Prima Guerra Mondiale dove, in effetti, finisce per schiantarsi durante un’esercitazione mettendo fine alla sua carriera di aviatore e di artista. Oltre che del film che, al netto di una conduzione tutto sommato leggera, si chiude in modo tragico, caso atipico per un musical della coppia Ginger & Fred. 






Ginger Rogers 






Galleria 





domenica 22 ottobre 2023

IL DELINQUENTE DEL ROCK AND ROLL

1379_IL DELINQUENTE DEL ROCK AND ROLL (Jailhouse Rock). Stati Uniti 1957; Regia di Richard Thorpe.

Si dice che Il delinquente del Rock and Roll sia uno dei film preferiti dai suoi fans tra quelli interpretati da Elvis Presley. Va precisato che la carriera cinematografica del Re del Rock and Roll non è lontanamente paragonabile a quella musicale; tuttavia Jailhouse Rock, questo il titolo originale, è un onesto film. Ma non troppo più di questo; molto probabilmente, Stella di Fuoco (1960, regia di Don Siegel), restando tra i film di Elvis, è più riuscito e completo. Ma va detto che, in quello di Siegel, l’apporto musicale di Presley era, se non proprio relativo, non più che complementare al soggetto. Ne Il delinquente del Rock and Roll, per quanto Richard Thorpe abbia una mano solida in regia, l’importanza della musica è già più importante, nel computo generale dell’opera. In questo senso, nell’ottica che assunse il genere in sé, Il delinquente del Rock and Roll è quindi più significativo. Con gli anni Cinquanta, infatti, la musica leggera aveva acquisito, presso il grande pubblico, un favore sconosciuto in precedenza; al cinema, nel genere musicale, si era sviluppata una corrente che fungeva semplicemente, e dichiaratamente, da pretesto per vedere gli idoli delle folle sul grande schermo. Fu un fenomeno mondiale e non solo americano, si pensi agli italiani musicarelli, e Elvis Presley fu il caso più clamoroso tanto che i film che erano incentrati sulle sue canzoni vennero definiti, in modo non troppo lusinghiero, per la verità, Presley Movies. Lo stesso Elvis non fu particolarmente entusiasta della sua carriera cinematografica; tuttavia questa eccessiva deriva commerciale, con i film che erano divenuti un mero strumento all’industria musicale, arrivò col tempo. 

Il delinquente del Rock and Roll è solo il terzo film di Elvis Presley e, come detto, Richard Thorpe riesce a tenere la barra sufficientemente dritta. Il racconto filmico ha quindi una sufficiente struttura narrativa e Elvis, oltretutto, seppur non sia un attore provetto, si prodiga con impegno nel recitare la parte dello scapestrato, se non proprio del delinquente, come recita invece il titolo italiano. Certo, Vince Everett – il personaggio interpretato da Elvis – finisce anche in galera, ma per omicidio preterintenzionale. Ovvero, Vince, intervenuto in difesa di una donna aggredita dal marito, si era scazzottato con l’uomo che, cadendo aveva picchiato la testa ed era finito al creatore. Insomma, più un incidente che un crimine; tuttavia Elvis si sforzerà, per tutto il racconto, di rendere almeno un po’ antipatico il suo personaggio, in qualche caso perfino esagerando. In carcere Vince conosce Hunk (Mickey Shaughnessy), che lo sgrezza musicalmente oltre a insegnargli come si campa in galera. Uscito di prigione, Vince incontra Peggy (Judy Tyler), che diverrà sua agente discografica, sua socia e, inevitabilmente, sua fidanzata, anche se su questa intesa la vicenda la tirerà per le lunghe come da canovaccio sentimentale. È curioso che un film promosso evidentemente dalla casa discografica di Elvis, proponga un personaggio che si autogestisce e, oltretutto che, quando si rivolge al una società del settore, ne venga ignobilmente truffato. Nel complesso la vicenda si lascia guardare, pur non presentando particolari novità: il racconto vede la rapida ascesa del protagonista, partito addirittura dalla galera, arrivare in cima, finendo, a quel punto, per snobbare un po’ i vecchi amici, Hunk e Peggy. Qui c’è una curiosità simile a quella già citata: a far deragliare Vince dalla strada maestra è infatti il cinema, che lo seduce con gli agi, le ricchezze, i privilegi che si possono riassumere nelle grazie di Sherry (Jennifer Holden), platinata starlette di Hollywood. Quasi che, tanto la casa discografica che lo studio cinematografico, facciano mea culpa; salvo poi guardarsi bene dal perdere certe abitudini, a ben vedere. Tuttavia, nello specifico, Il delinquente del Rock and Roll non ha alcun bisogno di accampare scuse, visto che raggiunge un risultato comunque dignitoso. E poi ci sono le canzoni di Elvis, che sono, come da copione, il piatto forte del film: Jailhouse rockYoung and beautifulI want to be freeDon't leave me nowBaby I don't careTreat me nice. Tutti i brani cantati da Elvis sono imprescindibili, questo è sacrosanto, ma a livello strettamente cinematografico la prima citata, Jailhose rock, è da sottolineare anche per via della coreografia strepitosa. Spesso considerata la miglior performance musicare del Re del Rock and Roll nei suoi film è anche indicata come il primo prototipo di video musicale: ma la cosa più importante è che è bellissima.  






Judy Tyler 



Jennifer Holden 


Anne Neyland


Galleria di manifesti 





giovedì 20 luglio 2023

FRATELLI RIVALI

1315_FRATELLI RIVALI (Love me Tender)Stati Uniti,1956; Regia di Robert D. Webb.

Citato in genere come l’esordio cinematografico di Elvis Presley, Fratelli rivali è un onesto western di serie B, ben confezionato e con interpreti di assoluto prestigio. In effetti sorprende che il re del rock and roll non occupi il ruolo di protagonista ma va detto che, in ottica complessiva, la cosa è più che funzionale. La storia raccontata da Fratelli rivali è vagamente ispirata alle gesta dei fratelli Reno, sebbene i punti di contatto con la Storia siano davvero pochi. Siamo sul finire della Guerra Civile Americana e tre dei Reno fanno parte di un manipolo di confederati che rapinano da un treno le paghe dei soldati unionisti. E’ un atto bellico e i soldati sono intenzionati a consegnare il bottino di guerra ai superiori quando scoprono che, nel frattempo, il conflitto è finito con la resa del Generale Lee. Vance (Richard Egan), il più anziano dei Reno, convince la truppa a spartirsi il bottino: in fondo è il frutto di una legittima azione di guerra. Ma qualche dubbio, nel dibattito interno, già trapela: come bottino di guerra i soldi vanno consegnati, se il Sud si è arreso allora vanno all’autorità vigente, fossero anche gli Unionisti. Tuttavia nessuno nel gruppo ha lo stomaco per contrastare Vance e queste obiezioni cadono nel vuoto: l’uomo, insieme ai fratelli Brett (William Campbell) e Ray (James Drury), fa quindi ritorno a casa, dove trova ad aspettarlo la madre (Mildred Dunnock) e il fratello minore, Clint (Elvis). Ma, almeno a Vance, interessa soprattutto riabbracciare la fidanzata Cathy (Debra Paget, al solito, deliziosa): e qui c’è lo snodo cruciale della vicenda. 

Perché da tempo, alla fattoria Reno, era giunta la notizia che Vance fosse morto in battaglia e, col passare dai giorni, Cathy era stata consolata da Clint. Beh, un po’ più che consolata: i due giovani si erano addirittura sposati. A questo punto bisogna anche aver in mente la presenza scenica della Paget per comprendere la botta che deve incassare il povero Vance. Che ci prova, a far finta di niente, ma poi decide di andare in California: come si suol dire, lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Le cose andranno diversamente perché salterà fuori la vicenda del bottino che i Reno e gli altri confederati si erano tenuti: erano stati infatti troppo ottimisti nel pensare che i nordisti soprassedessero proprio su questioni finanziarie. Questa bega, con i fratelli Reno accusati e messi in manette, farà deragliare la storia raccontata ma urge fare una precisazione di altro tenore: perché Cathy, seppur sia intenzionata a rispettare il vincolo matrimoniale con Clint, appare sinceramente dispiaciuta per come sia finita con Vance, al punto che è lecito ritenere che, da parte sua, ci siano dei rimpianti. Richard Egan era senz’altro un pezzo d’uomo ma la cosa lascia comunque sorpresi: Elvis aveva una ventina d’anni e paragonato al rivale, che ne aveva 35, certo appare poco più che un ragazzo, ma non è che ci faccia una figura troppo lusinghiera. Il che sarebbe normale, sia chiaro, se non fosse che la carriera di Elvis Presley fu sempre pianificata con cura e, in seguito, la filosofia non sarà in genere quella di farsi mettere in ombra da qualcun altro. Va detto che il tragico finale, potenzialmente, avrebbe potuto conferire al ruolo di Clint uno spessore mitico; la sua morte, infatti, consegna il lieto fine a Vance e Cathy ma senza il carico pesante. Forse è la regia solida ma un po’ ordinaria di Robert D. Webb, fatto sta che, seppur si tratti di una chiusura forte, manca di enfasi epica e, a quel punto, la sorte di Clint desta più tristezza che altro. Ed è un doppio peccato, perché Elvis, nel momento in cui il suo personaggio si fa accecare dalla gelosia e perde il controllo, dà una sorprendente prova d’attore. Certo, il buon Presley rimane un cantante e del resto stiamo parlando di un film musicale in cui, in teoria e anche in pratica, il motivo di interesse sono appunto i brani cantati da Elvis. Eppure Webb e i suoi collaboratori non sprecano l’occasione e organizzano una buona storia, con la questione del denaro che i nordisti rivogliono, i deboli ma interessanti rimandi storici e una trama sentimentale intrigante che si intreccia sopra a questo canovaccio. E’ un discreto film western, Fratelli rivali, e questo al netto dei quattro meravigliosi pezzi che il re del Rock and Roll interpreta con il solito carisma scenico: Love me tender, Poor boy, Let me e We’re gonna move. Fantastici, senza tema di smentita. 




Debra Paget 







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