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lunedì 3 giugno 2024

PRINCE VLADIMIR

1492_PRINCE VLADIMIR (Knyaz' Vladimir). Russia, 2006; Regia di Yuri Kulakov. 

Uscito significativamente nelle sale il 23 febbraio, giorno in cui si celebrano i Difensori della Patria, Prince Vladimir, questo il titolo internazionale, è un film d’animazione storico con venature fantasy. Era il 2006 e il film veniva proiettato in contemporanea –in una data che oggi fa percorrere qualche brivido lungo la schiena, se pensiamo al 2022– nelle sale cinematografiche di Russia e Ucraina. Il lungometraggio, va specificato, pur essendo ambientato perlopiù in una terra che oggi è parte dell’Ucraina, è di produzione russa. In qualità di film di animazione, e anche per via del linguaggio educativo oltre che epico che lo contraddistingue, è rivolto ai ragazzi, sebbene possa essere visto con piacere da tutti. La vicenda, assai romanzata, com’è anche comprensibile, si rifà al periodo appena precedente alla conversione cristiana da parte della Rus’ di Kiev, opera del Principe Vladimir protagonista del film. In sostanza vi si narra la nascita della Russia per come la conosciamo –o, forse, dovremmo dire, per come NON la conosciamo– oggi. La Federazione Russa non è, infatti, uno stato come gli altri, o almeno non ritiene lei stessa di esserlo; ad esempio, mentre tutte le nazioni di quello che si definisce mondo occidentale, cercano di fare riferimento a loro stesse in chiave laica, l’importanza della religione, e il ruolo di Terza Roma, è ritenuto cruciale a Mosca. In questo senso, ai russi, evidentemente, non disturba celebrare la nascita della propria patria con una vicenda che vede protagonisti principi ucraini in terra che diverrà Ucraina; la cosa importante è che Vladimir scelga di importare da Costantinopoli, nel film chiamata Tsargrad, la religione cristiana. La caduta di Roma prima e della stessa Costantinopoli poi, consegnerà a Mosca, nel frattempo ascesa al vertice nell’area russa, l’eredità di guida religiosa della cristianità. 

Ma questo avverrà qualche secolo dopo, nel 1453, con la fine dell’Impero Bizantino, mentre le vicende narrate in Prince Vladimir si riferiscono a quasi cinquecento anni prima, dopo che il sovrano Svjatoslav I di Kiev, trasferitosi a Perejaslavec, aveva assegnato ai suoi tre figli il governo delle principali città. Al figlio maggiore, Jaropolk spettò Kiev, a Vladimir, Novgorod e ad Oleg, Dareva. Con la morte di Svjatoslav scoppiarono le lotte di potere, con Jaropolk, già al governo della capitale del principato, che cercò di eliminare i fratelli rivali. Nel film, sebbene il primogenito di casa Rjurikidi, la dinastia dei personaggi protagonisti, non sia dipinto in modo troppo benevolo, nel finale è riscattato dall’accusa di aver ucciso Oleg. In compenso, sarà il più solare Vladimir, protagonista del film e della Storia successiva del paese, a macchiarsi di sangue fraterno, uccidendo proprio Jaropolk. A condizionare negativamente il principe è l’oscuro Krivzha, un sacerdote pagano devoto al culto di Perun, il più importante tra gli dei della mitologia slava. Se le beghe politiche vengono, quindi, da un certo punto di vista, smorzate, è rimarcata la nefasta influenza delle religioni precristiane, vero punto critico ricercato dall’opera. Il tragico finale, con Vladimir che si macchia dell’uccisione del fratello, è funzionale al tono epico dell’opera ed è sottolineato in modo chiaro come colpa gravissima, necessaria peraltro al suo percorso di eroe epico. Da un punto di vista grafico Prince Vladimir non può certo competere con i film d’animazioni hollywoodiani, tuttavia riesce ad essere comunque godibile.     
  




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venerdì 19 maggio 2023

LA SIRENETTA - QUANDO TUTTO EBBE INIZIO

1276_LA SIRENETTA - QUANDO TUTTO EBBE INIZIO (The Little Mermaid: Ariel's beginning)Stati Uniti,2008; Regia di Peggy Holmes.

Il successo del classico del 1989 La Sirenetta aveva già dato luogo ad un seguito, La Sirenetta II – Ritorno agli abissi nel 2000, ma alla Disney evidentemente ritennero che si potesse cavarci ancora qualcosa quando misero in cantiere il terzo capitolo. E’ chiara la natura meramente commerciale di queste produzioni definite direct-to-video, che altro non significa che sono lungometraggi destinati direttamente al mercato televisivo, sia esso home-video, canali televisivi o piattaforme streaming. La straripante offerta Disney ha costantemente bisogno di contenuti e non c’è niente di meglio di un lungometraggio che possa avere il volano di un classico di quelli prodotti per il grande schermo. Come il precedente episodio, anche La Sirenetta – Quando tutto ebbe inizio è lontanissimo, sotto ogni aspetto, alla qualità del capostipite dell’89, che era un vero capolavoro. Questo terzo capitolo è in realtà un prequel e, almeno come intenti, non è affatto banale: innanzitutto da segnalare che c’è un passaggio tragico, la circostanza in cui muore la madre di Ariel. La morte della regina Atena, per la verità, viene liquidata un po’ troppo in anticipo e in fretta, non riuscendo ad incidere poi più di tanto. Ma è un limite strutturale di tutta quanta l’operazione. Interessante l’idea che Re Tritone, in tutta risposta al suo divenire vedovo, bandisca la musica dal regno di Atlantica; la reazione di chi si chiude su sé stesso di fronte al dolore. La pensa diversamente Ariel, la più giovane e spigliata tra le principesse, che si organizza per riportare di nuovo la musica nel reame. Al suo fianco il granchio Sebastian e il pesciolino Flounder, oltre agli altri membri della Catfish Club Band: la razza Ray Ray, la tartaruga marina Tarta, il pesce palla Cheeks e il polpo Macchiolina. In questo turno il ruolo di cattiva spetta a Marina Del Rey: d’accordo, non può essere paragonata a Ursula, questo decisamente no, sebbene un po’ la ricordi. Però non è affatto male, come villain e, a conti fatti, è forse l’elemento migliore dell’operazione.       




Ariel 


Marina Del Rey


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mercoledì 15 febbraio 2023

LA SIRENETTA (1989)

1222_LA SIRENETTA (The Little Mermaid)Stati Uniti, 1989; Regia di John Musker e Ron Clements.

Sul finire degli anni Ottanta la gloriosa galleria di classici Disney sembrava destinata ad un inevitabile declino. Dal 1973, anno di uscita di Robin Hood, lo studio aveva prodotto poco e quasi mai in modo convincente: al botteghino memorabile rimane il fiasco di Taron e la pentola magica (1985), ma non è che gli altri lungometraggi avessero ottenuto questi maggiori consensi. Se spesso può non essere particolarmente indicativo riferirsi al successo commerciale di un film per valutarne la qualità, con i film Disney, esplicitamente rivolti ai ragazzi, il dato è più interessante. Difficilmente un film Disney che ottiene un grande successo è un’opera mediocre: se il racconto riesce a catturare il pubblico giovane per l’ora ben abbondante della tipica durata, siamo di fronte ad un lavoro fatto come si deve nel peggiore dei casi. Qualcosa, probabilmente in termini di magia Disney più che di bontà del racconto in sé, ai classici dell’opaco periodo citato doveva quindi mancare. Poi, nel 1988 uscì nelle sale Chi ha incastrato Roger Rabbit? del geniale Robert Zemeckis che dimostrò in modo quanto mai lampante che i film di animazione potevano rientrare perfettamente nei gusti del pubblico del tempo. Bastava fare film notevoli, che avessero forza: capolavori, insomma. La Disney colse subito la palla al balzo. Ancora una volta, lo studio di Burbank per imprimere una svolta decisiva alla sua galleria, ricorse al versante femminile, quello delle Principesse, che ne era il vero marchio di fabbrica. Il primo classico, infatti, quello che inaugurò la serie, fu Biancaneve e i Sette Nani (1935) e dopo un qualche anno di appannamento, legato anche al periodo bellico, nel 1950 fu Cenerentola a rilanciarla alla grande. Adesso, nel 1989, era il turno de La Sirenetta, capolavoro musical ispirato alla celebre fiaba di Hans Christian Andersen. 

Il successo fu tale che, anche grazie alla qualità dei successivi classici, si parlò di Rinascimento Disney. La bontà de La Sirenetta è che si fonda su due aspetti che erano i tipici punti di forza dell’epoca d’oro e che dalla metà degli anni Settanta sembravano invece essere scaduti e obsoleti. Sono due elementi evidenti e chiari sin da subito, non ci sono equivoci e anzi il film vi punta sopra in modo convinto: innanzitutto, La Sirenetta si basa su una storia sentimentale, la più romantica possibile. Non ci sono mezze misure: Ariel si innamora perdutamente a prima vista del principe Eric e decide di rischiare il tutto per tutto per seguire il suo cuore. Ai tempi, sul finire degli Ottanta, erano anni che nei classici Disney certe sdolcinature si vedevano assai raramente; chissà, forse era stato anche lo scarso appeal che aveva riscontrato La Bella Addormentata nel Bosco (1959), il capolavoro assoluto in senso grafico artistico, a far accantonare il tema romantico allo studio. Dalle gesta della bella Aurora dovettero passare 30 anni perché un’altra canonica principessa salisse alla ribalta su uno schermo di un classico Disney: e Ariel non deluse le attese.  Moderna, spigliata, curiosa, dinamica e avventurosa ma anche romantica e sentimentale, la Sirenetta del film Disney seppe incarnare in modo mirabile le aspirazioni e i sogni delle ragazze del tempo. L’altro punto di forza del film furono le canzoni. Ai tempi, il musical attraversava un buon momento, eppure per un lungo periodo si preferì evitare o limitare le canzoni nei classici Disney. Da un certo punto di vista, la scelta probabilmente rispondeva simbolicamente a certe lamentele di quei ragazzi che nelle platee dei cinema si erano spesso dimostrati insofferenti durante le canzoni che interrompevano il racconto filmico. 

In effetti le canzoni dei classici erano un elemento a due facce: se spezzavano eccessivamente il ritmo, potevano infastidire, ma era anche vero che, nel caso fossero pezzi trainanti, divenivano un volano eccezionale per il film stesso. Di fronte a qualche possibile lamentela per un po’ di noia che poteva affiorare durante i brani musicali, la risposta giusta non era eliminare le canzoni, come avvenne per ben quattro classici consecutivi tra i Settanta e gli Ottanta, ma scrivere pezzi memorabili e travolgenti. Come il calypso In fondo al mar (di Alan Menken e Howard Ashman) straordinario brano cantato dallo strepitoso granchio Sebastian, vincitore del premio Oscar come miglior canzone nel 1990. Ma tutta la colonna sonora de La Sirenetta è eccezionale, tanto che ai tempi si disse che era il film d’animazione che per primo era riuscito a cogliere lo spirito dei musical di Broadway. 

Il romanticismo e la musica, due degli elementi cardini della Golden Age dei classici, venivano quindi completamente riscoperti dopo anni in cui erano stati sostanzialmente ignorati, e queste scelte furono le fondamenta per il Rinascimento Disney. Ma c’era un altro elemento che da un po’ di tempo mancava, forse anche da un tempo maggiore rispetto al romanticismo e alla musica: un cattivo davvero cattivo. In parte perché con la rivoluzione culturale legata al ‘68, l’idea di cattivo in sé e per sé era un po’ scaduta, dando luogo a personaggi più sfumati, anche nella narrativa per ragazzi. In parte perché laddove si era cercato di tratteggiare un bel cattivone si era poi sostanzialmente mancato l’obiettivo per un motivo o per l’altro, fatto sta che l’ultima cattiva degna di vera considerazione in un classico Disney risaliva al 1961: Crudelia de Mon. Ne La Sirenetta, l’idea di ricorrere alla Drag Queen Divine come fonte di ispirazione per Ursula fu geniale: il mondo del travestitismo offriva un universo di spunti in genere ignorati dal cinema mainstream e la definizione caratteriale di questo villain disneyano poté farne man bassa, seppur in modo discreto, risultando nel suo ambito, quello dell’animazione, perfino nuova e originale. Inoltre, le scene in cui Ursula riceve la voce di Ariel in cambio del suo satanico patto, è particolarmente spaventosa così come, del resto, anche il finale con lo speronamento subito dalla cattiva è esplicito al punto da sembrare splatter. Insomma, gli autori calcano la mano sui passaggi forti, spaventosi o comunque d’impatto, per compensare il romanticismo del versante sentimentale della storia. Con la musica di Sebastian in sottofondo a creare la giusta alchimia, la magia Disney è assicurata al cento per cento. Se ci si ricorda quelli che erano i tempi, si può facilmente convenire che La Sirenetta fu capolavoro di coraggio. Oltre che un capolavoro in senso assoluto, questo senza alcun dubbio.



Ariel






Ursula 


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venerdì 16 settembre 2022

BRACCIO DI FERRO INCONTRA SINBAD

1104_BRACCIO DI FERRO INCONTRA SINBAD (Popeye the Sailor meets Sinbad the Sailor)Stati Uniti 1936;  Regia di Dave Fleischer.

Approdato sugli schermi nel 1933, Braccio di Ferro fino al 1942 fu gestito dalla Fleischer Studios sotto l’egida della Paramount Pictures arrivando a rivaleggiare con i cartoni animati di Topolino della Disney. I cartoons del formidabile personaggio di E. C. Segar realizzati dalla Fleischer furono in tutto 109: si trattava di brevi cortometraggi in bianco e nero, i tipici cartoni animati che vennero replicati poi per anni in televisione. Tre di questi 109 furono però autentici speciali, al punto da meritarsi l’uscita nelle sale cinematografiche. Certo, si trattava di proiezioni che fungevano da complemento ad altri film, ma è evidente che si trattava di produzioni di rango elevato in grado di reggere il confronto con il cinema in sala. Il primo di questa trilogia fu Braccio di Ferro incontra Sinbad, un racconto nel quale Popeye, questo ovviamente il nome originale del protagonista, si trova a tu per tu con il famoso marinaio, qui interpretato da Bluto (o Bruto, a seconda delle edizioni). La trama è ovviamente scarna ed è unicamente il pretesto per vedere i nostri rivali menare un po’ le mani, contendendosi naturalmente la bella Olivia (Olive Oil). Nella storia c’è anche Poldo (Wimpy), finanche si disinteressi completamente agli avvenimenti preso com’è dall’inseguimento di un’anatra impugnando un tritacarne, con l’evidente intento di cavarci un panino. Il racconto è ovviamente spassoso ma è da segnalare anche per le raffinatezze tecniche che lo rendono un vero gioiello dell’animazione dell’epoca. Ai colori acquarellati, in luogo del canonico bianco e nero dei normali cartoni animati, alle bizzarre canzoni marinaresche – tra cui, sa va san dire anche Popeye the saylor man, ai personaggi mostruosi al soldo di Sinbad, va infatti aggiunto qualche dettaglio tecnico che impreziosisce la messa in scena. L’utilizzo della Tabletop, una versione avanzata della multiplane camera, consentì ai fratelli Fleischer panoramiche tridimensionali degne di un classico Disney. Del resto il Rotoscope, una tecnica rivoluzionaria usata anche dallo stesso Disney con risultati straordinari nei lungometraggi dedicati a Biancaneve e Cenerentola, era un’invenzione di Max Fleischer. Insomma, nelle mani dei capaci fratelli Fleischer, Popeye riuscì a suonarle non solo a Bluto o Sinbad, ma seppe farsi valere anche nel confronto con un campione come Topolino.          







Olivia/ Olive Oyl 


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venerdì 1 luglio 2022

L'ERA GLACIALE - LE AVVENTURE DI BUCK

1041_L'ERA GLACIALE - LE AVVENTURE DI BUCK (The Ice Age - Adventures of Buck Wild ). Stati Uniti, 2022; Regia di John C. Donkin.

Per cercare di sfruttare fino in fondo il franchise de L’era Glaciale alla 20th Century Fox, dopo i primi cinque capitoli, hanno provato ad esplorare qualche traccia alternativa. L’Era Glaciale – Le avventure di Buck è uno spin-off che seguendo le gesta dei due opossum Eddie e Crash finisce per mettere al centro della scena furetto Buck Wild, a cui è dedicato il titolo del lungometraggio, e la sua compagna Zee, una femmina di zorilla, un animale che ha almeno una caratteristica che ricorda la puzzola (si proprio quella). Gli altri personaggi tradizionali de L’Era Glaciale ci sono, Manny, Sid, Diego ed Ellie, mentre manca Scrat, ma sono relegati ai margini del racconto. E questo è un po’ un problema. Beninteso, nessuno può aspettarsi che gli autori continuino all’infinito a trovare nuovi spunti e idee geniali basandosi sempre sugli stessi personaggi e le stesse premesse narrative. Il fatto che allo studio si siano concessi una divagazione com’è uno spin-off, è già una sorta di premessa. Quindi, niente di male se L’Era Glaciale – Le avventure di Buck è solo un onesto cartone animato e non un film d’animazione memorabile. Il problema, si diceva, è che Eddie e Crash sono anche due personaggi simpatici ma non eccessivamente funzionali. Sono tratteggiati come stupidi, e fin lì niente da dire, anche perché i personaggi stupidi spesso fanno ridere. Ma poi, in definitiva, facendo fede alla loro caratteristica animale di fingersi morti quando si sentono in pericolo, rischiano di smorzare le possibilità narrative. Per questo motivo si è scelto di coinvolgere Buck, che ha una vena eroica necessaria a sostenere la narrazione; accanto a lui, Zee, che è forse il personaggio più indovinato dell’improvvisata squadra. L’idea è quella, appunto, di mettere a confronto i primi mammiferi, animali di piccola taglia come opossum, furetti o zorilla, contro i dinosauri in una riproposizione di quella battaglia per l’egemonia che potrebbe essere avvenuta a suo tempo. La capacità di fare squadra è l’arma vincente dei mammiferi e così sarà, anche se vanno messe a referto alcune eccezioni (i nostri schierano nelle loro fila addirittura Mamma T-Rex). Sul fronte opposto, al comando di uno squadrone di feroci velociraptor, troviamo il cattivo della storia Orson, un buffo triceratopo minuto di taglia ma dall’enorme cervello: la cosa atipica è che i dinosauri ci han sempre raccontato l’avessero minuscolo.
Tutto sommato un prodotto d’intrattenimento che può assolvere allo scopo.  



Zee 


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