1773_SANDOKAN - IN OSTAGGIO , Italia, Francia 2025. Regia di Luca Bernabei e Jan Maria Michelin
Se nel
primo episodio di questa nuova serie dedicata a Sandokan, al centro del
racconto c’era inevitabilmente il protagonista, la Tigre della Malesia, e nel
secondo la sua controparte femminile Lady Marianna, il terzo capitolo deve
giocoforza essere dedicato a Yanez de Gomera. In effetti, il personaggio
interpretato da Alessandro Preziosi è al centro perlomeno di un passaggio
cruciale oltre a sciorinare una serie di battute davvero memorabile, valga per
tutti quella che chiude la puntata: “Se Dio esiste, è un po’ distratto”. Preziosi,
arrivati a questo punto, s’è calato alla perfezione nel ruolo come del resto
tutto quanto il cast, che funziona infatti a meraviglia: oltre ai soliti noti,
vanno attenzionati almeno Ed Westwick nei panni di James Brooke, John Hannah in
quelli del sergente Murray e Sergej Onopko che, nel ruolo del pirata violento
Yussuf, si prende più volte il centro della scena. Il titolo dell’episodio, In
ostaggio, fa rifermento alla condizione di Marianna, tenuta prigioniera sul
praho di Sandokan, diretto alle miniere di antimonio. Sulle sue tracce Brooke,
accompagnato dal sergente Murray e da un paio di scagnozzi del sultano Muda
Hashim che hanno l’incarico di ostacolare il successo dell’operazione di
salvataggio della nobile ragazza inglese. Il sultano, infatti, è nemico di
Sandokan ma al momento ha più urgenza di mettere fuori gioco Brooke agli occhi
del console Lord Guillock. Tutti questi intarsi della trama certificano la
qualità di un soggetto che, una volta messo in moto, sembra funzionare con
grande efficacia. Due sono gli aspetti più interessanti in questa terza appassionante
puntata della serie. La prima è che il termine «fumettone» con cui qualcuno ha definito questa
versione di Sandokan, forse volendone sminuire la valenza, calza a
pennello sul racconto filmico. Sandokan è certamente un fumettone ma è
un gran bel fumettone, divertente, appassionante e godibilissimo. C’è almeno un
passaggio che mostra la consapevolezza degli autori, del tenore della serie, in
questo senso. Il praho dei pirati è arrivato alle miniere e Sandokan porge a
Marianna il canocchiale per guardare coi suoi occhi cosa combinano gli inglesi agli
indigeni e alla natura dell’isola. La notte prima, Yussuf aveva cercato di
violentare la ragazza inglese, Sandokan l’aveva salvata e si era poi battuto con
il suo sottoposto: Marianna, ancora sconvolta, aveva accusato i pirati di
essere delle bestie, suo salvatore nella circostanza compreso. La nobile giovane
guarda nel canocchiale e quello che si vede sullo schermo, in prima istanza, è
la visuale dalla riva, salvo poi, senza soluzione di continuità, passare ad una
visione completa ed esaustiva della situazione delle miniere e della condizione
in cui vengono tenuti gli indigeni schiavizzati. Una veduta panoramica e
dettagliata impossibile da cogliere dal canocchiale su una barca al largo: qui
il regista, Jan Maria Michelini, opera esattamente come in un fumetto,
tralasciando la fedeltà realistica ma approfittando di uno stratagemma
narrativo per informare rapidamente lo spettatore. Quando poi la carrellata
sull’attività mineraria si chiude, si torna sul praho e ora il canocchiale è
nelle mani di Sani: questo conferma che la sequenza non è da prendere alla
lettera, perché abbiamo appunto assistito ad una sorta di incongruenza, ovvero
il passaggio di mano sottointeso del canocchiale. Tra l’altro gli autori si
servono di questo particolare anche per un altro scopo, certificando la qualità
di un’opera densa di piani narrativi. Sani, che è un’indigena, si inserisce
nella polemica tra Marianna, che aveva accusato i pirati di essere bestie, e
Sandokan, che mostrava all’inglese le prodezze dei suoi connazionali,
accumunando gli uni agli atri quali approfittatori della vita degli isolani. L’altro
elemento importante, che apre e chiude l’episodio, è il rapporto con la fede
cristiana di Yanez. Che Sandokan fosse una serie non esattamente
politicamente corretta si poteva già capire dai cadaveri che seminano i pirati,
Tigre della Malesia in testa, durante le loro incursioni. Qui torniamo
all’altro aspetto citato, ovvero l’essere un fumettone che permette, proprio
per la leggerezza di questo tipo di racconto, di sorvolare su certi dettagli. I
morti ammazzati in un romanzo o in un film sui pirati fanno parte della
coreografia e non vanno presi alla lettera, questo è anche inutile rammentarlo.
Ma quando Yanez, in una Produzione Rai, dice ai suoi indigeni paraguayani “Dio
ci ha abbandonati”, un brivido corre inevitabilmente sulla schiena dello
spettatore italiano. La battuta finale, stempera nell’amara ironia questa
riflessione, ma ormai il dado è tratto: sarà anche un fumettone, Sandokan,
però non fa sconti a nessuno. Nemmeno all’Altissimo.


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